Dolcificanti artificiali e bibite come lo zucchero bianco: rischio diabete sempre più alto
Ammalarsi di diabete o manifestare tutte le condizioni legate a iperglicemia, obesità e resistenza insulinica non è mai stato così facile.
L’abuso di zucchero nella alimentazione odierna è enorme e in particolare le forme di dolcificazione che fanno davvero male sono quelle “liquide”.
Un buon dolce ogni tanto, integrato in una alimentazione sana e ben bilanciata, è una gioia per tutti. I dolci delle tradizioni popolari e culinarie del mondo sono spesso dolci ben fatti e completi (se utilizzano farine integrali e componenti a basso indice glicemico) e quelli italiani non sono da meno.
In tutte le nostre impostazioni nutrizionali, che si tratti di programmi per ridurre il sovrappeso o per controllare la iperglicemia e il diabete, consentiamo sempre ai nostri pazienti l’uso di qualche dolce ben fatto e armonicamente distribuito nella settimana alimentare.
Da subito però chiediamo a tutti di eliminare lo zucchero inutile e la dolcificazione, sia che venga effettuata con lo zucchero, sia con la stevia, lo xilitolo o anche con i dolcificanti artificiali a zero calorie.
Quando parliamo di diabete ci riferiamo a una condizione che potrà portare al collasso tutti i sistemi sanitari nazionali nel giro di poco tempo, se non si prenderanno opportuni provvedimenti, sia sul piano individuale sia su quello sociale. Le scelte di pubblicità privata e di comunicazione pubblica devono tenere conto di questo aspetto e dei lavori ormai numerosi sull’effetto della dolcificazione per la salute degli individui.
Un lavoro svedese molto interessante è stato pubblicato nel 2016 sullo European Journal of Endocrinology e ha dimostrato che c’è una stretta correlazione tra uso di bevande zuccherate o dolcificate artificialmente e la comparsa di diabete.
Mentre questo è ormai già noto per il diabete alimentare classico (quello dovuto agli eccessi alimentari e di zuccheri e chiamato di tipo 2), la ricerca ha dimostrato che la stessa relazione esiste anche per il diabete autoimmune, quello in cui si sviluppano autoanticorpi contro l’insulina o contro le isole pancreatiche che la producono, più tipico dell’età giovanile (Lofvenborg JE, et al. Euro J Endocrinol. 2016;doi:10.1530/EJE-16-0376).
Ma non c’è solo questo: dalla ricerca è emerso che entro la quantità di circa una lattina di bibita (o di tè zuccherato, o di chinotto o di bevanda all’arancia comunque dolcificati) i parametri di rischio sono circa simili tra chi beve bevande dolcificate e chi non ne beve.
Al di sopra di questa quantità però, il rischio di sviluppare diabete autoimmune diventa quasi doppio per chi beve dolce rispetto a chi non lo fa. E ogni 200 ml di bevanda dolce in più durante la giornata (altra mezza lattina), il rischio di ammalarsi di diabete classico o di diabete autoimmune aumenta circa del 20%.
Il dato importante è che questa relazione non esiste solo per i paffuti e i mangioni. Infatti l’aumento del rischio si è visto in modo indipendente dal fatto di essere più o meno grassi (in termini medici si dice che il risultato è indipendente dal BMI) e dal fatto di mangiare più o meno calorie.
Insomma, lo stimolo verso il diabete non dipende dalle calorie o dalla predisposizione, ma semplicemente dal gusto dolce.
Allora vale la pena di sapere che i dolci possono essere mangiati quando sono buoni e fatti bene, ma che la dolcificazione, l’assunzione di bibite dolci o l’uso dei dolcificanti artificiali rappresentano un importante fattore di rischio che può essere modificato attraverso scelte semplici che non obbligano la rinuncia al dolce, ma solo ad una modalità perversa di utilizzarlo nella vita di tutti i giorni.