Cambiano i livelli di riferimento per l’emoglobina glicata. Riflessioni sullo zucchero
L’emoglobina glicata è espressione di quella parte di emoglobina che viene trasformata dalla presenza di glucosio nel sangue.
Il suo livello esprime in un certo senso la media del livello di glicemia che è stata presente nel plasma nei 2-3 mesi precedenti alla misurazione. In genere si misura in percentuale della emoglobina presente nel sangue e in condizioni di normalità deve trovarsi ad un valore che oscilla tra i 4 e i 6.
Un valore di emoglobina glicata del 4% corrisponde ad una glicemia media di circa 80-85 mg/dL mentre un valore del 5% corrisponde a una media di glicemia di 97-98 e un valore di 6 equivale ad una media glicemica nei 2 mesi precedenti di 126. Significa che già un valore compreso tra il 5% e il 6% corrisponde ad una condizione che pur non essendo classificabile come diabetica esprime una intolleranza glucidica e un livello di metabolismo degli zuccheri che si sta modificando in senso prediabetico.
Nella nostra pratica clinica consideriamo questi valori come una precisa indicazione di rischio, che merita un lavoro sugli stili di vita che provocano resistenza insulinica e un controllo dell’eventuale sovrappeso.
Diversa è invece la riflessione da fare quando questi valori sono presenti nel diabetico di tipo 2 (quello alimentare). In quel caso, purtroppo, l’equilibrio si è già rotto e queste persone stanno già assumendo farmaci (come ad esempio la metformina) oltre che seguire, si spera, modifiche dietetiche e nutrizionali adeguate, oltre che fare la giusta attività fisica.
Negli ultimi anni si è visto che i tentativi farmacologici di abbassare in modo molto intenso l’emoglobina glicata ha spesso portato a effetti collaterali di rilievo con risposte ipoglicemiche frequenti e quasi nessun vantaggio generale sulla prevenzione delle malattie correlate al diabete.
Per questo, l’American College of Physicians, una delle associazioni mediche americane più importanti, il 6 marzo 2018 ha pubblicato sugli Annals of Internal Medicine delle indicazioni estratte dai documenti di almeno 6 associazioni clinico terapeutiche, che propongono di mantenere il controllo dei soggetti diabetici ad un livello di emoglobina glicata compreso tra il 7% e l’8%, evitando quindi di spingere la terapia per ottenere valori inferiori, sotto al 6,5% come si è fatto fino ad ora (Qaseem A et al, Ann Intern Med. 2018 Mar 6. doi: 10.7326/M17-0939. [Epub ahead of print]).
I motivi razionali che giustificano questo “innalzamento dei valori” sarebbero dovuti al fatto di personalizzare gli obiettivi tenendo conto dei possibili rischi della terapia farmacologica eccessiva, addirittura riducendo il ricorso ai farmaci una volta raggiunto il valore di 6,5%. Secondo il College of Physicians, quindi, i pazienti diabetici dovrebbero restare regolati su valori compresi tra 7% e 8% (qui l’articolo intero originale).
La riflessione che mi nasce spontanea è che esiste una difficoltà profonda nel modificare gli stili di vita (che possono davvero riequilibrare glicemia, emoglobina glicata e fruttosamina) e questa indicazione del College of Physicians assomiglia più a una “ammissione di sconfitta” piuttosto che a indicazioni orientate al miglioramento della salute. Basta pensare all’importanza delle reazioni di glicazione per i fenomeni allergici oppure per la connessione profonda tra uso di zucchero e infiammazione.
Lasciare la glicemia (e l’emoglobina glicata) a valori più elevati solo perché “è difficile riportarla alla norma coi farmaci” non è una buona motivazione, perché lascia le persone diabetiche a contatto con livelli di sostanze glicanti che provocano una importante ossidazione dell’organismo e favoriscono poi lo sviluppo delle malattie correlate al diabete stesso.
Per questo, in caso di iperglicemia o diabete, l’obiettivo vero dovrebbe essere quello di modificare l’alimentazione aiutando le persone a nutrirsi bene, a capire i livelli di infiammazione da cibo che può essere presente (causa di aumento della resistenza insulinica) e a iniziare una corretta attività fisica.
Quando si tenta di trattare una malattia metabolica solo con i farmaci, il rischio è che non si agisca sulle vere cause. Spesso le persone diabetiche si sentono protette dal farmaco e non cambiano la loro modalità di vita, le uniche che invece possono aiutare l’azione del farmaco, e consentono in molti casi di rieducare l’organismo alla normalità.