Dermatite atopica e metabolismo. Importante il ruolo degli zuccheri
Quante volte incontriamo persone preoccupate per il continuo riattivarsi o per la persistenza della dermatite e deluse per la inefficacia dei trattamenti affrontati.
Molte forme di dermatite o di eczema, classicamente definite di tipo “atopico” o considerate comunque allergiche, rispondono spesso ad un trattamento acuto con cortisonici o immunosoppressori locali ma, poco dopo la sospensione del trattamento, ricompaiono talora anche peggiorate e il trattamento cronico con antistaminici aiuta ma non rislove.
Questo avviene anche se nella storia clinica si ritrovano tutti gli aspetti delle malattie allergiche classiche, con elevati livelli di IgE (Immunoglobuline E) verso alimenti o sostanze respiratorie (facilmente acari, muffe e spesso graminacee) per le quali anche i costosissimi trattamenti con sostanze biologiche “anti IgE” (come l’omalizumab) non sortiscono effetti prolungati.
Quando si incontrano situazioni analoghe, la stessa mancanza di risultati dovrebbe portare subito a considerare gli aspetti di infiamazione o di glicazione presenti, ormai precisamente correlati a sintomi analoghi a quelli allergici, senza che l’allergia ne sia la vera causa.
In queste forme di dermatite è presente una forte forma di infiammazione ed è presente ANCHE una componente allergica (IgE o eosinofili) ma in cui il classico trattamento antiallergico non porta alla guarigione e quindi per la terapia va cambiato il paradigma di riferimento.
Grazie ad un lavoro pubblicato nel 2024 su Pediatric Dermatology si è evidenziato un possibile ruolo delle alterazioni del metabolismo proprio nella dermatite cosiddetta “atopica”.
Nella ricerca (molto ben descritta anche da Healio) si evidenzia la presenza (nei soggetti malati) delle classiche malattie legate agli zuccheri.
- Sindrome metabolica (obesità centrale, aumento della pressione arteriosa, glicemia a digiuno aumentata, trigliceridi aumentati)
- Steatosi epatica (per la quale esiste un rapporto diretto con la glicazione)
- Sovrappeso
Basti pensare che nei bambini con dermatite atopica studiati in questa ricerca, la sindrome metabolica era presente nel 24% dei casi mentre solo nel 2% dei controlli sani. La steatosi epatica era presente nel 6% dei bambini dermatitici rispetto allo 0% (nessuno) dei controlli sani.
Abbiamo già discusso questo aspetto anche per altre patologie erroneamente ritenute solo allergiche, come l’asma, pubblicando un articolo dal titolo “Né infezione né allergia: la tosse da cappuccio e brioche esiste” in cui abbiamo presentato tutti i dati scientifici che documentano questa realtà.
Spesso ci sono eosinofili elevati (si innalzano anche in risposta a stimoli alimentari specifici) e altre interleuchine (ad esempio la IL13) che sono su livelli più elevati del normale ma soprattutto si considera la presenza di una reazione infiammatoria chiamata appunto “infiammazione di tipo 2” (type 2 inflammation).
Ma nella pratica clinica il primo elemento da considerare oggi è quello della glicazione che è possibile misurare e controllare (Glyco Test e Test PerMé) impostando poi azioni terapeutiche nutrizionali personalizzate.
Una review pubblicata nel 2022 su Frontiers in Immunology ha spiegato con chiarezza che tutti gli zuccheri (che siano glucosio o fruttosio poco importa), quando sono assorbiti dall’intestino, possono attivare un processo infiammatorio che contribuisce alla formazione di citochine coinvolte in numerose malattie.
Quindi diventa importante capire quando e come gli zuccheri (o gli eccessi relativi di carboidrati) siano individualmente eccessivi. Anche un eccesso relativo di carboidrati (pur sanissimi) all’interno del pasto può infatti essere letto dall’organismo come se fosse una assunzione diretta di zuccheri, che determinano poi effetti di glicazione evidenti.
Un eccesso individuale di zucchero, di fruttosio, di alcol, di dolcificanti e di carboidrati, determina non solo l’alterazione della capacità metabolica dell’organismo (diabete e sovrappeso ad esempio) ma una risposta infiammatoria correlata a tutte le malattie oggi più diffuse.
Più che utile quindi, diventa quasi obbligatorio, nella gestione dei consumi di zuccheri (e di eventuali “sgarri”), conoscere le proprie caratteristiche metaboliche, infiammatorie e genetiche. Capire cioè come il proprio organismo è in grado di gestire il flusso di zuccheri senza riceverne danno.
Ciò consente di godersi una Sacher, un cannolo o due cucchiaiate colme di marmellata senza troppi allarmismi o paranoie. E se è il caso anche un occasionale succo di frutta 100%.
Anche per questo motivo misurare eventuali danni da zucchero in modo preciso è sicuramente meglio che supporne la presenza.
Test come il Glyco Test o il PerMé consentono di identificare eventuali eccessi individuali di zuccheri e impostare una dieta personalizzata, con la giusta varietà alimentare (dolci compresi!).
Per questo, nel centro SMA in cui lavoro, quando affrontiamo le malattie considerate allergiche, consideriamo sempre anche l’impronta metabolica presente sia nei bambini che negli adulti e impostiamo specifici percorsi terapeutici personalizzati.
Si valuta cioè l’intero quadro infiammatorio dovuto agli alimenti e alla glicazione attraverso la misura del BAFF, del Metilgliossale e della Albumina glicata perché la risposta clinica in questi casi deve passare attraverso il controllo dell’infiammazione e della assunzione di tutti gli zuccheri, portando alla riattivazione del metabolismo e alla riconquista del benessere personale.