Caffè: la tazzina, senza zucchero, che aiuta a prevenire la depressione
Per gran parte degli anni della mia gioventù ho sentito ripetere intorno a me frasi fatte come “vino veleno, caffè veleno…” che oggi, alla luce delle ricerche degli ultimi anni, si sono sicuramente dimostrate infondate.
Sul vino, ad esempio, si stanno scoprendo effetti positivi su diverse patologie, se viene bevuto con moderazione. E per il caffè emergono effetti rilevanti sulla salute che lo fanno diventare un possibile amico anziché un nemico.
Una recente metanalisi pubblicata su Molecular Nutrition & Food Research ha documentato un importante effetto protettivo del caffè sullo sviluppo di depressione, che è rilevabile, in misura minore, anche per il tè e per la sola caffeina, isolata dalle bevande (Grosso G et al. Mol Nutr Food Res. 2015 Oct 31. doi: 10.1002/mnfr.201500620. [Epub ahead of print]).
I ricercatori, italiani e polacchi, hanno sottoposto ad analisi una popolazione di quasi 350.000 persone, evidenziando nei bevitori di caffè (fino a 400 ml al giorno) un rischio nettamente ridotto di fenomeni depressivi.
Il caffè, quindi, esce da questa valutazione con un giudizio positivo che si somma a quelli già formulati per l’azione sulla resistenza allo stress e sulla prevenzione di alcuni tipi di tumore.
In realtà, come avviene per il vino, la reazione positiva è caratteristicamente a forma di “J”, cioè esiste un limite di assunzione giornaliera al di là del quale gli effetti positivi diventano negativi.
Per il caffè questa quantità è abbastanza elevata, arrivando appunto a 400 ml, che è meglio siano senza zucchero, perché in quel caso gli effetti negativi dello zucchero diventerebbero dominanti.
Ho conosciuto e incontrato il dottor Giuseppe Grosso (primo autore del lavoro) lo scorso ottobre a Berlino in occasione del FENS (congresso europeo delle società di nutrizione), dove ha presentato importanti lavori sul rapporto tra cibo e salute.
È un medico e ricercatore (MD e PhD) di cui sentiremo spesso parlare in futuro, per le sue competenze e per le modalità innovative con cui affronta lo studio delle relazioni tra alimentazione e malattia.
Abbiamo quindi una ulteriore riflessione da fare sul caffè, e mi piace ricordare una delle prime canzoni di Domenico Modugno (‘O Caffè, del 1958) che faceva riferimento proprio al piacere del caffè e alla sua napoletanità.
Molti, sentendola, ricorderanno che sulla stessa musica Fabrizio De Andrè costruì la molto più nota e recente “Don Raffaè”, ma ascoltando la musica e le parole ci si rende conto di quanto questa bevanda sia importante nella cultura mediterranea e italiana.
Non dipende solo dalla azione degli oltre 200 alcaloidi che sono presenti in una tazza.
C’è una azione di tipo antiallergico che accomuna caffè, tè e cacao e li fa essere le bevande più consumate in assoluto nel mondo come bevande “sociali”, come ho descritto sul Magazine di Expo nei mesi scorsi.
Il controllo di alcune citochine specifiche può essere il meccanismo con cui viene regolato l’umore e migliorata la condizione di benessere, andando quindi ben oltre la semplice azione eccitatoria della caffeina (come documentato nella ricerca).
Si è scoperto che alcune sostanze naturali svolgono la loro azione protettiva grazie ad una componente antinfiammatoria o antiallergica.
Una chiave di lettura che sta cambiando alcune convinzioni scientifiche e che consente di godere consapevolmente il gusto di una buona tazza di caffè, col permesso della scienza e con un sorriso.