Dalla cocaina al cioccolato: quando il dolce fa bene al mondo
Chi crede nei propri sogni ha spesso la possibilità di vederli realizzati. La speranza di cambiare le condizioni dei cosiddetti “cocaleros”, contadini che vivono nel Nord del Perù, ai confini con Bolivia ed Equador, in “campesinos” biologici, sta diventando realtà.
Da diversi anni alcuni gruppi di cooperazione internazionale stanno aiutando i contadini di quella zona peruviana a riappropriarsi dei propri territori, strapparli ai coltivatori di piante di coca o di papavero da oppio e instaurare un circolo economico virtuoso, arricchente per tutti che consenta di non impoverire la terra.
Negli ultimi anni è arrivato anche il supporto della Vice Presidente del Perù, Marisol Espinoza Cruz, che ha lottato per sottrarre le terre alle mafie della cocaina e dell’oppio (che utilizzano quantità immense di pesticidi e diserbanti), riconvertendo quelle coltivazioni in piantagioni biologiche di cacao e di canna da zucchero, destinate ai contadini locali, vietando l’uso di prodotti chimici che impoveriscano la terra.
Dalle esperienze delle cooperative locali, che vedono in profonda crescita il numero delle famiglie che ne partecipano, si comprende che nelle zone di produzione della coca, dove violenza, corruzione, inquinamento ambientale e deterioramento dell’economia hanno a lungo avuto la meglio, ogni giorno ci sono nuovi gruppi di produttori che vogliono abbandonare la produzione di papavero o di coca per incorporarsi all’economia legale e alla distribuzione Fairtrade.
Al di là del necessario supporto politico interno, è indispensabile che le produzioni di queste terre trovino dei canali veri di commercializzazione e Alce Nero, che dal 1978 ha iniziato in Italia a coltivare biologicamente le terre per fornire al pubblico prodotti di alto valore nutrizionale, ha già attivato un canale preferenziale per portare già oggi sui mercati lo zucchero di canna integrale peruviano e domani anche il cacao (per ora di provenienza dall’Equador).
Quando intervisto Sofia Cavazzoni, responsabile in Expo della comunicazione di Alce Nero, mi spiega che la diversità di tempi per arrivare alla produzione biologica è legata al tipo di coltura.
Per la canna da zucchero servono 3-4 anni di trattamenti riequilibranti del terreno, mentre per il cacao ne servono anche 6 o 7, quindi per ora il cacao del Perù non è ancora sul mercato del biologico. (Sottovoce poi mi confida che probabilmente nel giro di un anno si apriranno nel Nord Italia almeno un paio di ristoranti AlceneroBerberè, ora attivo solo a Bologna, dove si può mangiare una delle pizze più buone che abbia mai assaggiato, integrale e biologica… Tenerlo presente).
Attraverso il canale aperto da queste cooperative, il cioccolato biologico prodotto grazie a quei contadini può diventare in tutto il mondo strumento di piacere e di gusto e al tempo stesso di sviluppo ed evoluzione sociale per chi lavora la terra per produrlo.
Il 2 ottobre scorso, in Expo Milano 2015, si è svolto l’incontro “Diritti alla Terra: Agire per il cambiamento”, dedicato all’agricoltura biologica, che può essere uno dei momenti di attivazione del cambiamento che nutre il Pianeta.
È stato un meeting davvero speciale, con l’apertura di Beppe Sala e la partecipazione diretta della Vicepresidente peruviana Marisol Espinoza Cruz e di altri esponenti delle cooperative internazionali di produzione equa e solidale, oltre che di Lucio e Sofia Cavazzoni, presidente di Alce Nero il primo e responsabile della comunicazione la seconda.
Sono emersi spunti, pensieri e progetti che possono diventare azioni di cambiamento per far conoscere al mondo cosa è stato fatto e cosa ancora si può fare per far diventare il cibo, soprattutto quello biologico, attore sorprendente di collaborazione e di nuova impresa.
Sono state proposte le molte storie di riscatto dei produttori latino americani, testimoniando l’importanza del lavoro, dell’impegno e della progettualità soprattutto femminile, che stanno cambiando in modo radicale i tessuti socio culturali ed economici di quei Paesi.
La presenza al convegno di Santiago Paz, presidente della cooperativa Norandino, sicuramente la più grande e importante del Peru, ha dato ulteriore lustro all’incontro.
Alce Nero (che ha organizzato l’evento) è il marchio che unisce oltre mille agricoltori e apicoltori biologici, impegnati in Italia e nel mondo, in coltivazioni che si prendono cura della terra, rispettandone ogni componente e senza utilizzare sostanze chimiche di sintesi come pesticidi ed erbicidi e che ha fatto diventare l’azienda lo standard di riferimento del biologico italiano ed internazionale.
L’idea di offrire a tutti delle “megatavolette” di cioccolato (buonissimo), che arrivava dalle prime produzioni di zucchero biologico peruviano e (per ora) dal cacao ecuadoregno, sono state simbolo gustoso di questa trasformazione delle idee e dell’etica in concretezza commerciale.
I lettori di Eurosalus sanno che non sono troppo indulgente sul “dolce”, ma questa è una grande storia: un bell’impegno sul futuro sostenibile che rende questo tipo di dolce uno dei passi migliori che si possa fare perché il mondo inizi a cambiare nel verso giusto.