Sempre più certo il ruolo degli alimenti nel colon irritabile

31 Ottobre 2022
Sempre più certo il ruolo degli alimenti nel colon irritabile

Dalla diarrea alla stitichezza, dai dolori colitici alla totale atonia intestinale, l’intestino ha sempre modo di farsi sentire e di diventare causa di disagio per un numero enorme di persone.

Un dato europeo indica che il 14% delle visite dal medico di Medicina Generale riguardano questo problema e ben il 28% delle visite dallo specialista gastroenterologo dipendono dallo stesso motivo. 

Se si pensa in più al numero enorme di persone che soffrono di colite da anni e che non si rivolgono al medico considerando la colite un fatto quasi normale, si ha una idea reale delle possibili dimensioni del problema a livello mondiale e non solo italiano.

Una ricerca pubblicata nel Marzo 2022 su Antibodies ha evidenziato che nella sindrome del colon irritabile (IBS) la misurazione delle Immunoglobuline G per gli alimenti (IgG alimento-specifiche) hanno un importante valore e sono di fatto gli unici biomarcatori (tra quelli analizzati) ad essere alterati concordemente nei pazienti analizzati. 

GEK Lab usa da anni i valori delle IgG alimento specifiche per definire il profilo alimentare individuale dei pazienti. In accordo con il documento del Ministero della Salute sulle allergie e intolleranze alimentari (2019), GEK Lab utilizza questi valori come indice di ripetizione alimentare o di eccesso di assunzione di un alimento o di un Grande Gruppo.

È possibile capire su base scientifica quali alimenti facilitino la sindrome del colon irritabile e impostare una dieta di rotazione personalizzata che aiuti la guarigione.

Non indicano mai una reazione allergica come purtroppo invece molti test propongono in modo scientificamente scorretto, suggerendo poi ai pazienti rischiose diete di esclusione o di eliminazione (anche se temporanee). In modo definitivo, le IgG alimento specifiche non indicano allergia ma solo eccesso di uso, anche se possono contribuire alla comparsa di sintomi simil-allergici. 

I ricercatori, dell’Università di Sofia, hanno appunto evidenziato una altissima significatività statistica, rispetto ai controlli sani, per la presenza di IgG alimentari nei soggetti con IBS. Sono state identificate anche IgE alimento specifiche (queste sì tipiche dell’allergia) solo nel 21% dei pazienti valutati e nessuno, in tutto il campione studiato, aveva anticorpi tipici della celiachia (anticorpi anti TGA).

Significa che la presenza eventuale di IgG per il glutine era legata ad una sensibilità al glutine NON CELIACA e non certo alla celiachia. Solo un terzo dei pazienti con IBS aveva livelli misurabili di calprotectina fecale (indice di una forma infiammatoria più rilevante) e tutti avevano invece una zonulina più elevata (indice di permeabilità intestinale aumentata) senza però alcuna correlazione con i livelli di sintomi. 

Le IgG alimento specifiche sono state già documentatamente riconosciute come biomarcatori che consentono al medico di suggerire una dieta di rotazione personalizzata che guidi la guarigione della forma di colite. 

Nel mese di dicembre 2020 è stata infatti pubblicata su Nutrition and Metabolism (London) una ricerca, realizzata dalla Inflammation Society (UK) in collaborazione con GEK Lab e con il gruppo SMA di Milano, che ha messo fine all’era in cui si proponeva, a casaccio, di togliere il glutine, il latte o qualsiasi altro alimento in modo spesso incongruo.

Scelte inutili e rischiose, che nei percorsi terapeutici del nostro centro abbiamo sempre contrastato e che sono superate oggi dalla guida al recupero di un fisiologico rapporto con il cibo (Cappelletti M et al, Nutr Metab (Lond) (2020) 17:101 https://doi.org/10.1186/s12986-020-00528-x). 

La diagnosi delle interferenze alimentari nella IBS si può fare correttamente su dati precisi e documentati e non su supposizioni. Si tratta di una impostazione nutrizionale del tutto personalizzata che non esclude mai alcun alimento, ma guida il paziente a recuperare un fisiologico rapporto con gli alimenti. È anche possibile compilare un questionario per capire l’interferenza della infiammazione alimentare nel proprio specifico caso e ricevere indicazioni sul tipo di test utile per i sintomi eventualmente presenti. 

I pazienti che hanno seguito correttamente la dieta per 6 settimane hanno visto il loro “punteggio dei sintomi” (un criterio con cui si valuta il malessere) ridursi in modo significativo da una media di 245 a 110. Quindi, con 6 settimane di dieta di rotazione, in cui un terzo dei pasti sono rimasti liberi (con la possibilità, anche a Genova dove è stato svolto il lavoro, di mangiare nei giorni liberi perfino focaccia e pesto senza problemi), sintomatologie intestinali che si dimostravano resistenti da anni ad altri tipi di trattamento sono regredite ad un livello corrispondente quasi alla guarigione. 

Solo i pazienti che hanno seguito correttamente la loro personale dieta di rotazione hanno visto calare in modo significativo i valori di Immunoglobuline G (IgG) specifiche per gli alimenti. Sono gli anticorpi alimento-specifici che vengono misurati con il test Recaller 2.0 e con il test PerMè. I pazienti che hanno seguito solo parzialmente al dieta di rotazione hanno avuto un calo dei sintomi per tre settimane (un po’ di varietà alimentare fa bene a tutti) ma hanno poi avuto di nuovo una riacutizzazione dei sintomi e della malattia. 

Grazie alla personalizzazione della dieta e alla impostazione di una dieta di rotazione specifica si può arrivare ad un tasso di guarigione elevato e alla riduzione effettiva dei sintomi presentati, consentendo comunque la introduzione alimentare anche dei cibi che assunti in eccesso facilitavano lo sviluppo di infiammazione. Alla base di questi disturbi c’è una componente infiammatoria correlata agli alimenti o all’eccesso di zuccheri (glicazione)

Finalmente si può porre la parola fine al trattamento che per anni si è basato soprattutto sull’uso di antibiotici intestinali, fermenti lattici e farmaci rilassanti intestinali, e talvolta anche di veri e propri psicofarmaci ad azione sistemica. 

È però molto importante riconoscere anche il possibile rapporto con la esofagite eosinofila, trattabile con una dieta specifica molto meglio che con i farmaci, per la quale, negli ultimi mesi, si è capito che lo stesso meccanismo di infiltrazione eosinofia può avvenire in tutti i distretti del sistema gastroeneterico, come definito nel novembre 2022 su Clinical Gastroenterology and Hepatology.

Si parla ormai di Disturbi Gastrointestinali Eosinofilici (in inglese Eosinophilic GastroIntestinal Diseases – EGIDs) considerando oltre alla gastrite eosinofila (insensibile agli inibitori di pompa protonica come la esofagite eosinofila che si manifesta in modo identico al reflusso), anche la colite eosinofila che può avere le stesse caratteristiche della IBS e rispondere, come per la IBS, alla dieta di rotazione personalizzata. 

L’esofagite eosinofila si cura con la dieta e lo stesso può avvenire anche per le forme di colite irritativa…

GEK Lab, sul suo sito, propone un questionario molto semplice per capire quanto sia rilevante lo stato infiammatorio alimentare per ogni singolo caso.