La sentenza sui grassi: lardo e formaggi pienamente assolti
In un panorama scientifico sempre più dinamico le nostre conoscenze in termini di nutrizione e benessere si stanno evolvendo e, in particolare, scoperte interessanti sono state fatte sui grassi.
Da diversi anni, grazie a dati scientifici sempre più univoci, è in atto una riabilitazione dei grassi (e specialmente dei tanto temuti “grassi saturi”) andando a verificare che il loro impatto in termini di rischio cardiovascolare e mortalità è estremamente ridotto.
Dopo anni di dibattito, che ha visto un susseguirsi di studi ed editoriali su numerose riviste mediche, ad Agosto 2017 è stato pubblicato su Lancet (una delle principali testate scientifiche mondiali) uno studio che potrebbe (e dovrebbe) porre fine alla discussione.
Questo lavoro, denominato PURE (acronimo di Prospective Urban Rural Epidemiology) ha valutato oltre 135.000 soggetti provenienti da 18 Paesi e cinque continenti, sia da zone urbane che rurali, seguiti per una media di 7,4 anni, andando a valutare le abitudini alimentari e come queste si associassero con la mortalità complessiva ed il rischio cardiovascolare.
L’enorme mole di dati, la presenza di un campione estremamente ampio e vario al suo interno, e la raccolta “prospettica” (quindi non fatta su dati del passato rimaneggiati) rendono questo studio uno dei più importanti e significativi mai realizzati in questo settore.
I risultati sono lampanti: “una dieta ricca di carboidrati si associa con un rischio aumentato di mortalità generale, mentre il consumo di grassi (totali e saturi-insaturi) si correla con una riduzione della mortalità generale. I grassi totali ed i singoli tipi di grassi non si associano con la presenza di malattia cardiovascolare, l’infarto miocardico o la mortalità da malattia cardiovascolare, mentre i grassi saturi si associano con una riduzione del rischio di stroke”.
Questi dati, che non giungono come una sorpresa per chi ci segue abitualmente, aprono uno scenario assolutamente rivoluzionario che rende, finalmente, obsolete tutte le indicazioni di riduzione del consumo di grassi, e specialmente dei grassi saturi, al fine di ridurre il rischio cardiovascolare.
Il focus deve invece spostarsi sui carboidrati, ed in particolar modo sugli zuccheri semplici, che sono identificati come il vero “pericolo” dal quale guardarsi.
Una “sostituzione” di parte dei carboidrati con grassi insaturi portava ad una riduzione di mortalità complessiva dell’11% e della mortalità per malattia non-cardiovascolare del 16%.
Sostituendo parte dei carboidrati con grassi saturi si è vista una riduzione del rischio di stroke del 20%. Andando a vedere meglio i dati, il consumo di proteine non ha correlazioni con la modifica della mortalità.
In conclusione, quindi, cosa cambia?
Tutto, e niente. Come sosteniamo da tempo (e proponiamo ai nostri pazienti presso il centro medico SMA di Milano), un’alimentazione che sia bilanciata al suo interno e comprenda frutta e verdura fresca, carboidrati integrali, una giusta quota di proteine associata a un corretto uso dei grassi (aggiunti “a crudo” ed evitando quelli di origine industriale) è il modo migliore per vivere in salute.
Si rendono sempre più privi di fondamento i tristemente famosi “limiti” al consumo, ad esempio, di uova, che sono invece un’importante fonte di proteine e vitamine.
Si renderà necessaria invece una revisione delle linee guida sul trattamento del colesterolo, che attendiamo da tempo e auspicabilmente si focalizzerà sempre di più su terapie mirate e personalizzate, ed ampio spazio alle modifiche nutrizionali e di stile di vita che si concentrino sul controllo degli “zuccheri”, vero cuore del problema, e non dei grassi.
Nel frattempo, seguire un regime alimentare corretto e svolgere attività fisica risultano il miglior modo di mantenersi in salute, a lungo.
Bibliografia essenziale
Dehghan M, Mente A, Zhang X, Swaminathan S, Li W, Mohan V et al., Associations of fats and carbohydrate intake with cardiovascular disease and mortality in 18 countries from five continents (PURE): a prospective cohort study. Lancet 2017 Aug 28 DOI: 10.1016/S0140-6736(17)32252-3 [epub ahead of print].