Altre buone notizie sul vino. Il suo uso moderato modula il microbiota per proteggere dalle malattie cardiovascolari
Sull’uso dell’alcol è sempre necessario essere all’erta. È documentato che l’eccesso di alcol determina sempre effetti dannosi, ma questi dati sono spesso stati rapportati a qualunque tipo di alcolico, senza alcuna distinzione sul tipo e sulla quantità utilizzata.
Nonostante le comunicazioni molto precise della collega immunologa Antonella Viola, che dalla primavera 2023 ha sistematicamente ribadito la negatività di qualunque assunzione alcolica, vengono invece pubblicate ricerche scientifiche importanti e molto serie che contestualizzano l’utilizzazione dell’alcol, in particolare del vino (che non è fatto di solo alcol), definendo e dimostrando numerose sue azioni positive.
In particolare va ricordato lo studio fatto dal Karolinska Institutet di Stoccolma (l’istituzione che assegna i premi Nobel) relativamente all’effetto positivo dell’alcol nell’Artrite Reumatoide, di cui Eurosalus ha parlato nel luglio scorso e il lavoro pubblicato sul JAMA relativo agli effetti positivi nella prevenzione del declino cognitivo.
Oggi segnalo un lavoro pubblicato nel dicembre 2022 sull’American Journal of Clinical Nutrition, che discute approfonditamente alcune possibili correlazioni dell’utilizzazione del vino rosso nella prevenzione delle malattie cardiovascolari. Si tratta di un lavoro clinico randomizzato e controllato pubblicato su una delle più importanti riviste di nutrizione al mondo, quindi merita attenzione e fiducia.
La ricerca è partita dall’idea che alterazioni del microbiota intestinale potessero essere causa di un aumento delle malattie cardiovascolari (dall’infarto all’ipertensione) per l’azione di una particolare sostanza derivante dai batteri intestinali denominata TMAO (che starebbe per trimethylamine N-oxide) che è già stata individuata come uno dei possibili biomarcatori diagnostici e terapeutici delle malattie cardiologiche.
D’altra parte, alcune ricerche epidemiologiche hanno correlato l’uso moderato del vino rosso ad una azione cardioprotettiva e i ricercatori hanno provato a valutare l’azione del vino rosso sul microbiota, immaginando di vedere ridotti i livelli di TMAO.
Lo studio è stato svolto in modo molto rigoroso, facendo evitare anche numerose sostanze alimentari fermentate che avrebbero potuto interferire nei risultati. Dopo il consumo di vino rosso (250 ml al giorno, l’equivalente di 2 calici), nei bevitori si è verificato un significativo rimodellamento del microbiota intestinale, con una differenza significativa nella beta-diversità e una predominanza di Parasutterella, di Ruminococcaceae e di diverse specie di Bacteroides e Prevotella (tutti batteri utili).
L’analisi metabolomica del plasma ha rivelato anche cambiamenti significativi nei metaboliti dopo il consumo di vino rosso, coerenti con un miglioramento dell’omeostasi redox, che è coinvolta nello stress ossidativo che promuove l’aterosclerosi. Quindi si è confermato in modo scientifico che un prodotto “vivo” come il vino rosso, determina una modulazione dello stato ossidativo organico, congruo con un possibile effetto protettivo sulle malattie cardiovascolari.
Tuttavia, l’ipotesi di partenza, che cioè il TMAO fosse l’elemento modificato dall’uso del vino, è stata sconfessata. i livelli di TMAO infatti era del tutto paragonabili sia nei soggetti che avevano bevuto vino rosso sia nei soggetti in astensione alcolica.
Quindi l’azione protettiva sulle malattie cardiovascolari (sempre per un uso moderato) non dipende dalle TMAO ma da altri elementi ancora da sondare e su cui i ricercatori dovranno sicuramente lavorare. Di certo comunque la modulazione del microbiota indotta dall’uso moderato di vino rosso determina modifiche metaboliche utili alla riduzione dello stato ossidativo.
Abbiamo già discusso in altri articoli della “curva a J” legata all’uso dell’alcol (piccole quantità utili alla salute e quantità in aumento invece deleterie) e abbiamo documentato, grazie ad una ricerca riportata nell’articolo “Alcol e cancro del pancreas: è lo zucchero che fa la differenza” che alcuni degli effetti tossici e carcinogeni dell’alcol possono invece essere indotti dalla glicazione presente in contemporanea. Come a dire che l’alcol, in una persona sana che non assume un eccesso di zuccheri, potrebbe anche dare benefici mentre chi già utilizza dolcificanti, dolci in abbondanza, carboidrati raffinati, cibi ultra processati e fruttosio e glucosio in quantità può riceverne un danno.
L’uso dell’alcol, come di qualsiasi sostanza che può avere anche effetti tossici, deve essere sempre cauto, ma l’evidenza dei numeri dice che non c’è ancora una certezza sui suoi effetti in una direzione o nell’altra o che questi effetti non sono solo in una direzione specifica.
La mia lettura scientifica dice che l’alcol in eccesso ha una azione tossica da proscrivere, che chi non beve non deve iniziare a farlo ma che il bere moderato (e di qualità) in molte situazioni ha dei vantaggi che la scienza documenta e di cui si deve tenere conto per non chiudersi in un proibizionismo acritico e dannoso.
Molto più evidente, come effetto dell’alcol, è quello sul metabolismo, che può portare alla “pancia a barilotto” se mal gestito.
Per questo continuiamo a battere sul concetto di personalizzazione della medicina e delle scelte terapeutiche e la glicazione, su base scientifica, sta sempre più diventando uno strumento di valutazione medica e di impostazione terapeutica di alto valore e di concreta efficacia, anche per capire individualmente gli effetti dell’alcol su ogni singolo organismo.
Gli effetti della glicazione “nascosta” sono perfettamente conoscibili, misurabili e controllabili in modo umano e personalizzato (test GEK Lab). Non serve eliminare gli zuccheri ma semplicemente conoscere come il proprio organismo risponde e magari aiutarlo con l’attività fisica, con un po’ di Cromo e di Manganese in più (Glucontrol base, ad esempio) e con uno stile di vita un po’ più sano, di cui individualmente, può fare parte anche il buon vino, usato con moderazione nei momenti giusti.
Per questo motivo, nel centro SMA in cui lavoro studiamo in modo personalizzato l’alimentazione (come sempre facciamo in tutti i percorsi terapeutici per le diverse malattie) e in tutte le condizioni in cui siano presenti infiammazioni e alterazioni del metabolismo. La possibilità che una condizione di glicazione elevata o di infiammazione alimentare misconosciuta siano alla base della malattia è ormai evidente, documentata e applicabile in ambito clinico per definire, su base personalizzata, le scelte alimentari più adatte.