Gammapatia monoclonale e autoimmunità: quanto ci si deve preoccupare?
La Gammapatia o gammopatia (MGUS, gammapatia monoclonale di incerto significato) indica che alcuni ceppi di cellule che producono gli anticorpi hanno iniziato a produrne in quantità sospetta.
L’indicazione di “monoclonale” significa che solo un singolo ceppo di cellule lo sta facendo e questo stimola il sospetto che possa essere la premessa di una forma tumorale più complessa (il mieloma multiplo) in cui quel ceppo di cellule, anziché limitarsi a produrre un po’ più anticorpi, impazzisca del tutto perdendo ogni forma di possibile controllo.
L’indicazione della MGUS compare come una piccola dicitura sotto all’esame della “Elettroforesi sieroproteica”, uno dei possibili studi sulle proteine che si possono fare con gli usuali esami del sangue. «All’spezione del tracciato si rileva nell’area delle gammaglobuline una componente monoclonale». Per molti sembra una semplice dicitura di scarso significato, mentre può avere un forte impatto sulla salute.
Con questo articolo voglio mettere in risalto sia i molti casi in cui questo problema viene sottovalutato, sia dare indicazioni sulla reale portata di questo rilievo e contribuire a smorzare in modo realistico le eccessive ansie che si manifestano una volta che l’ignaro paziente viene a sapere che c’è una possibile relazione tra la gammapatia monoclonale e lo sviluppo di un mieloma multiplo, una severa forma di cancro del midollo osseo e del sistema di produzione del sangue.
In primo luogo resto spesso perplesso quando molti laboratori non considerano nemmeno il dosaggio delle proteine totali e non ne descrivono le percentuali di composizione, cavandosela con una dicitura del tipo «all’ispezione non si rileva nulla di anomalo». Come se i medici non fossero in grado di interpretare il modo in cui ogni organismo modula la produzione di un tipo di proteine o di una certa classe di anticorpi in risposta a stimoli particolari.
Basta pensare a quanto sia importante oggi valutare l’aumento aspecifico (policlonale) delle gammaglobuline, spesso indicatrici di una malattia autoimmune.
In molti casi di artrite ad esempio, mancano i fattori reumatoidi, mancano gli anticorpi specifici dell’artrite reumatoide, ma il semplice innalzamento delle gammaglobuline indica con alta probabilità la presenza di una componente autoimmune (spesso di origine alimentare) che noi ad esempio trattiamo nei nostri centri con una specifica diagnosi nutrizionale e con un approccio dietetico individualizzato in accordo con le più recenti visioni scientifiche.
Oppure si pensi alla presenza di ANA +, cioè alla presenza di Anticorpi Antinucleo a basso titolo, espressione riconosciuta di una infiammazione intestinale e non solo di una malattia autoimmune, in cui un aumento policlonale delle proteine gamma, diventa un chiaro segno di una possibile prevenzione delle malattie autoimmuni correlati con questi anticorpi attraverso uno schema dietetico e nutrizionale personalizzato.
Per contro, nella mia esperienza diretta capita davvero spesso che la evidenza di una componente monoclonale sia letta solo per caso tra gli esami di un paio di anni prima, quando si affronta un problema medico generale diverso, riflettendo sulle sue cause, e sia stata sottostimata anche per lungo tempo.
La MGUS è sempre meglio conosciuta dal punto di vista scientifico, ma rendersi conto di avere una MGUS scatena spesso delle fobie e delle paure che sono francamente eccessive rispetto alla sua reale portata.
La Gammapatia monoclonale, a meno che sia coinvolta in qualche specifica malattia autoimmune, è di per sé innocua e non determina nessun tipo di anomalia o di sintomo diretto. Quindi di per sé rimane una alterazione di un valore espresso nel sangue che non determina alcun rischio immediato ma che deve fare accendere qualche “lampadina di allarme” per valutare con maggiore cautela i mesi e gli anni successivi.
Si tratta quindi di un segnale che obbliga una serie di controlli più frequenti per capire quale sia l’evoluzione, ben sapendo comunque che un ridotto stimolo infiammatorio dell’organismo può essere di grandee aiuto nel ridimensionamento della rilevanza della MGUS e che in elevata percentuale la gammapatia non eveolve in mieloma neanche dopo anni.
Un invito alla cautela, quindi, senza panico.
Già nel 2007 su Eurosalus abbiamo segnalato i primi lavori epidemiologici che tranquillizzavano rispetto a questa diagnosi, spiegando che oltre i 50 anni si rivelava la presenza di una MGUS nel 3,2% delle persone (1,7% tra i 50 e i 60 anni e 6,6% da 80 anni in su).
Il lavoro, pubblicato sul New England Journal of Medicine, confermava inoltre che quando la quantità di proteine monoclonali rimane al di sotto di 1g/dL la possibile progressione verso una malattia midollare importante come il mieloma multiplo nel volgere di 10 anni è solo del 6% circa tra tutte le persone con gammapatia.
Significa che già da allora, pur ribadendo la necessaria cautela nel seguire ogni singola situazione, si può dire che nel 94% dei casi la presenza di questa condizione è assolutamente priva di rischi e non evolve verso il mieloma.
Un lavoro pubblicato nel 2012 sugli Annals of Hematology ed effettuato in Germania ha riconfermato questi dati andando più nel dettaglio nella nuova conoscenza di una categoria di MGUS definita a catene leggere (0,7% del totale) che non ha manifestato progressione verso il mieloma. La progressione verso il mieloma delle altre forme di MGUS è stata simile a quella riferita nel 2007, cioè dello 0,6% all’anno, equivalente a quel 6% in 10 anni documentato dal lavoro di allora (Eisele L et al, Ann Hematol. 2012 Feb;91(2):243-8. doi: 10.1007/s00277-011-1293-1. Epub 2011 Jul 26).
A fronte di tutte le indicazioni su come diagnosticare e gestire una MGUS, definite nel 2014 dal gruppo internazionale dell’European Myeloma Network, mi piace concludere questa riflessione citando un lavoro svedese svolto da ricercatori del Karolinska Institutet (quello che rilascia i Nobel), pubblicato ancora nel 2009 su Haematologica, che ha analizzato in dettaglio i tassi di sopravvivenza nel tempo alla MGUS, nelle diverse età (Kristinsson SY et al, Haematologica. 2009 Dec;94(12):1714-20. doi: 10.3324/haematol.2009.010066. Epub 2009 Jul 16).
Anche questi dati riconfermano una progressione verso il mieloma con lo stesso tasso ma segnalano che nel soggetto anziano, la mortalità può essere dovuta al manifestarsi di molte altre patologie (molte delle quali infiammatorie croniche) non trattate nel tempo che arrivano a determinare poi il peggioramento della condizione clinica.
Si conferma quindi che una Gammapatia Monoclonale va guardata sempre con attenzione, ma senza panico; nella maggior parte dei casi non progredisce verso una degenerazione tumorale (che va comunque controllata con la dovuta cautela e nei tempi giusti) e si tratta di una condizione in cui è possibile una prevenzione della progressione verso il mieloma mettendo in atto le varie indicazioni spesso descritte in questo sito relative al nutrirsi bene, e controllando gli aspetti infiammatori che determinano proprio uno stimolo sulle Immunoglobuline.