Non perdiamo la testa, anzi la chioma!
L’alopecia (sia maschile che femminile) rappresenta per noi dermatologi una dura sfida terapeutica, poiché diversi sono i fattori causali della “sindrome di Sansone”.
Ricordate la fine di Sansone quando Dalila nel sonno gli tagliò la folta chioma? Perse tutte le sue forze, il suo vigore e la sua virilità.
Oggi non è più così, ma alzi la mano chi si sente rinvigorito e fortificato dai capelli ritrovati nel lavandino o sul guanciale? Bisio e Crozza a parte, quasi tutti noi ci sentiamo sminuiti ed indeboliti dalla perdita di questo futile ornamento estetico che gli animali ostentano con tanto orgoglio e seduzione.
Noi dermatologi abbiamo imparato a trattare diverse forme di alopecia e di dermatiti del cuoio capelluto, ma quella andro-genetica rimane un duro scoglio a causa della componente ereditaria su cui non possiamo di certo intervenire.
Avere genitori calvi non obbliga alla calvizie, ma predispone ad essa. Come abitare sull’argine di un fiume “predispone” all’allagamento. Può accadere o forse no: se entrano in gioco altri fattori (ormonali, nervosi ecc.) il rischio aumenta fino a sfociare nell’inevitabile atrofia del capello.
Oggi però alcuni ricercatori dell’università della Pennsylvania hanno identificato una proteina, la prostaglandina D2 (PGD2), presente in eccesso nel cuoio capelluto degli uomini con questo tipo di alopecia androgenetica e presente nelle aree colpite da calvizie tre volte di più rispetto a quelle ancora popolate da capelli (Luis A. Garza, Sci Transl Med 21 March 2012: Vol. 4, Issue 126, p. 126ra34 Sci. Transl. Med. DOI: 10.1126/scitranslmed.3003122).
L’equipe ha dimostrato che questa proteina (e il suo derivato 15-dPgj2) bloccano la crescita dei capelli attraverso un recettore che potrebbe essere un bersaglio terapeutico promettente per risolvere il problema negli uomini, ma anche nelle donne alle prese con queste problematiche.
Lo studio è pubblicato su “Science Translational Medicine” dallo stesso gruppo di ricerca coordinato dal dermatologo George Cotsarelis, che nel 2011 aveva identificato le cellule staminali nei follicoli piliferi.
Anche allora ci stupirono rivelandoci che la nostra “riserva cellulare” non si trova in fondo al follicolo pilifero, ma in superficie, vicino all’ostio, quindi facilmente stimolabile dalla luce solare e LED. Questo spiegherebbe i risultati ottenuti con la stimolazione LED del cuoio capelluto e della cute in genere nel mantenere attiva la nostra preziosa riserva di cellule staminali, le uniche in grado di ricostituire e ricostruire cute e capelli.
Tutto questo, però, solo se i livelli di prostaglandine sono bassi, come dimostrato dal presente studio: controllare l’infiammazione è presupposto fondamentale sia nella prevenzione che nella cura di questa patologia, ormai antica come l’uomo.
Ancora una volta la biologia ci riconferma l’importanza di mantenere sotto controllo i mediatori dell’infiammazione controllandoli periodicamente ed adottando le opportune correzioni ai nostri errori alimentari o disordini metabolici.