Riconoscere il vero integrale
DOMANDA
Quando un cibo può definirsi integrale? Vedo una grande confusione sui banchi del supermercato, vengono definiti integrali cibi con il 38% di farina integrale, cibi con farina 00 e aggiunta di crusca, cibi con miscele di farina integrale e varie altre farine in percentuali diversissime. Come è possibile orientarsi? C’è qualche norma legislativa che definisca cosa è “integrale”?Grazie.
RISPOSTA
Gentile lettore,
soltanto dalla metà del secolo scorso è stato introdotto nelle abitudini alimentari l’uso di farine raffinate. Per ovviare a difficoltà di conservazione, i mulini hanno messo a punto tecniche opportune per separare dai chicchi dei cereali il germe e la crusca. Questo ha permesso di avere dei prodotti più stabili nel tempo con il caro prezzo di avere a disposizione dei cibi impoveriti.
Per capire meglio è opportuno avere ben in mente come è costituito un chicco di un cereale. Questo presenta un rivestimento esterno protettivo “crusca”, che avvolge il “germe”, e una quantità di amido, sostanza di riserva per la nuova pianta.
La crusca è costituita prevalentemente da fibra, i cui apporti alimentari hanno notevoli effetti benefici per il nostro organismo.
Il germe, vero e proprio cuore del seme ed embrione della nuova vita, contiene una quantità incredibile di elementi nutritivi preziosissimi (proteine, acidi grassi, vitamine del gruppo B, tocoferoli). Elementi sensibili all’aria, che possono facilmente irrancidire, modificando il gusto delle farine.
Gli autentici integrali sono prodotti ottenuti con una “macinazione a tutto corpo o a grana grossa”, in cui il prodotto finito contiene tutte le parti del chicco del cereale. Sono prodotti poco stabili che hanno una “shelf-life” (vita commerciale) ridotta.
Le necessità della grande distribuzione di prodotti conservabili con facilità per lunghi periodi e un gusto modificato dei consumatori hanno reso la vera farina integrale un miraggio tra gli scaffali dei supermercati.
La legislazione vigente (n. 187 del 19 febbraio 2001) pone come limite per la definizione di integrale il tasso di cenere della sostanza secca. Quello che importa è il residuo della farina e non come sia stata ottenuta.
Ecco che per ovviare alla crescente richiesta e conciliare le necessità di tempi lunghi di conservazione, i produttori hanno iniziato ad utilizzare farine bianche addizionate di crusca, fruendo della dicitura “integrale”. Basta poco però: un’attenta lettura delle etichette può svelare qualsiasi inganno.
Per evitare di portare a casa un “falso”, attenzione alla lista degli ingredienti, che a dispetto di claims salutistici e specchietti per le allodole, costituisce un documento d’identità valido per quello che stiamo realmente acquistando.
Il tipo di farine utilizzato viene sempre indicato, come l’utilizzo di un prodotto raffinato a cui viene addizionata della crusca. Viene specificato spesso anche la quantità di prodotto integrale presente. Se così non fosse, è da ricordare che le liste degli ingredienti elencano i vari componenti in ordine decrescente di quantità. Se la farina bianca è al primo posto seguito dopo un bel po’ dall’integrale, meglio evitare di riporre il prodotto nel carrello.
Per accaparrarsi prodotti di qualità, un occhio vigile sulle produzioni locali, che avendo una distribuzione a filiera corta necessitano di tempi di stoccaggio ridotti. Anche la grande distribuzione sta iniziando ad avvalersi di prodotti a km zero: il richiamo di pubblicità e i vantaggi ecologici-economici sono notevoli.
Per gli appassionati del fai da te e i palati più esigenti, oggi è possibile preparare in casa le farine. Sono disponibili delle macine domestiche che permettono di avere delle farine sempre fresche e a partire dal cereali in chicchi che si preferisce. Via libera a miscele e preparazioni fantasiose.
I vantaggi dell’uso di prodotti integrali nelle nostra alimentazione sono talmente importanti che ben venga perdere cinque minuti in più per scovarli e prepararli.