Infarto e ischemia cardiaca: quanto sono importanti infiammazione e allergia?
Infarto cardiaco e ischemia sono sempre stati visti come problemi staccati dai disturbi allergici. Cuore e sistema immunitario considerati come due elementi separati e non comunicanti.
Una ricerca svolta da ricercatori sudcoreani, pubblicata nel settembre 2020 sul Journal of Allergy and Clinical Immunology in Practice, richiama invece al fatto che esiste un aumentato tasso di rischio di manifestare una forma infartuale cardiaca per chi è allergico rispetto a chi non lo sia (Rhee T et al, J Allergy Clin Immunol Pract. 2020 Sep 19;S2213-2198(20)30954-5. doi: 10.1016/j.jaip.2020.09.008. Online ahead of print).
La ricerca, svolta dalla Università Nazionale di Sud-Corea, ha coinvolto quasi 10 milioni di persone di età maggiore dei 20 anni (un numero enorme) seguite per una media di 8,2 anni. Il 13,9% della popolazione studiata soffriva di rinite allergica, lo 0,4% di dermatite atopica e il 2,7% di asma. Alla fine dello studio si sono confrontati i tassi di malattia e di mortalità tra gli allergici e i non allergici, evidenziando dei risultati di forte rilievo. Chi soffriva di rinite allergica ha avuto l’11% di infarti in più rispetto a chi non ne soffriva. Chi aveva la dermatite allergica il 14% in più e chi aveva l’asma il 37% in più.
Quando le patologie allergiche erano combinate tra loro, si è arrivati, nel caso di persone che soffrivano contemporaneamente di asma e di dermatite atopica, all’elevato valore del 71% in più. Significa che mentre le persone normali contano 100 infarti, il gruppo degli asmatici e contemporaneamente dermatitici ne contano 171. Non il doppio, ma quasi… Ovviamente questi risultati sono stati “aggiustati e corretti” statisticamente per le caratteristiche demografiche, per tutte le possibili comorbidità, per lo stato socioeconomico e per lo stile di vita.
Bisogna capire bene queste indicazioni: non è l’allergia a stimolare l’infarto, ma le condizioni infiammatorie che sono alla base delle diverse forme allergiche come di quelle ischemiche cardiache. Una condizione comune che può essere controllata efficacemente attraverso l’alimentazione personalizzata.
Abbiamo già discusso di alcune di queste reciproche interferenze negli articoli “Tachicardia, cardiopalmo, aritmie: quando il cibo può esserne causa” o “Quel cibo che toglie il respiro: quando anche l’asma dipende da quello che si mangia”, mentre la scoperta nel 2017 della correlazione con l’infiammazione da zuccheri e con gli effetti della glicazione ha consentito di capire che proprio la glicazione (dovuta a un eccesso alimentare di glucosio, fruttosio, alcol e polioli) può essere responsabile di quel 62% di reazioni allergiche, infiammatorie o simil-allergiche di cui non si capisca immediatamente la causa.
Tra gli effetti della glicazione c’è anche la produzione di Metilgliossale (MGO, evidenziato dal GlycoTest) che è documentatamente una sostanza ossidante, infiammatoria e con azione lesiva sull’endotelio, cioè sulla superficie interna dei vasi e coinvolta nella lesione ischemica cardiaca. Poiché la glicazione è fortemente correlata con l’asma, ne deriva che la relazione tra asma e infarto (forse una delle più incisive) può essere supportata, sul piano della prevenzione, anche dalla attenzione individuale al proprio profilo di infiammazione da zuccheri.
In realtà la relazione tra infiammazione, immunologia e infarto è nota già dal 2013, quando un gruppo francese guidato dal professor Mallat ha proposto di intervenire nelle patologie ischemiche infartuali con un farmaco che controllasse il BAFF. È noto che il BAFF (valutabile con Recaller 2.0 Test e con il Test PerMè) è fortemente correlato con l’alimentazione, e quindi una attenzione personalizzata all’alimentazione può aiutare a trattare le forme allergiche e a ridurre nello stesso tempo il rischio infartuale.
Si tratta di applicare ai sintomi allergici e infiammatori un criterio nuovo di lettura, innovativo e soprattutto utile, che va a confermare quanto nel centro SMA in cui lavoro stiamo già facendo da anni, affrontando le patologie respiratorie e quelle cutanee attraverso lo studio personalizzato dell’alimentazione che comprende sia lo studio della infiammazione da alimenti sia quello della infiammazione da zuccheri.
Forse, insomma, avere un’allergia non è solo un problema di scelta dell’antistaminico da prendere. Certo aiuta, ma la vera lettura da farsi è quella del riconoscere l’allergia come un segnale d’allarme di una condizione infiammatoria più profonda, il cui controllo può portare alla prevenzione di molte malattie degenerative e supportare la cura delle patologie presenti ed attuali.