Quando il cacao crea dipendenza
Gli inglesi lo chiamano “chocolate craving”, termine la cui traduzione esatta sarebbe “ricerca compulsiva di cioccolato”. Si tratterebbe del risvolto patologico di un sano desiderio di cioccolato che, come spesso ricordiamo, sarebbe tutt’altro che sconsigliato.
Lo studio sulla “dipendenza” da cacao è nato nel dipartimento di psicologia della Bristol University dove il professor Peter Rogers ha presentato una ricerca tanto semplice quanto evidente: per testare i benefici del cioccolato, infatti, un gruppo di volontari ha ingerito capsule insapori contenenti polvere di cacao; mentre un altro ha ricevuto semplice amido polverizzato.
Il risultato? I due gruppi non si sarebbero accorti della differenza e avrebbero entrambi provato un senso di maggior allerta e di stimolo intellettuale. Da qui, secondo il prof. Rogers, la prova che la “dipendenza da cioccolato” è principalmente una questione psicologica: «Da un lato ci sono il gusto, la consistenza e la gradevolezza del fatto che lo associamo ai momenti di festa e ai regali. Dall’altro c’è la consapevolezza di non poterne mangiare troppo per motivi di dieta e salute».
Questa dualità alimenterebbe il desiderio fino ad arrivare a eccedere nel consumo in modo incontrollabile. La soluzione? Il professor Rogers propone di concentrarsi e provare a pensare a un frutto ogni volta che desideriamo un pezzo di cioccolato, in questo modo l’approccio compulsivo si sfogherebbe su alimenti più sani. Fosse facile…
In alternativa, basterebbe che si cominciasse a pensare al cioccolato in quantità modeste come a qualcosa di benefico per il nostro organismo, in modo tale da interrompere il ciclo innescato dal mix di sensi di colpa e desiderio.
Ancora una volta, poi, è bene ribadire che tutte le proprietà del cioccolato, ricco di flavonoidi, toccasana per proteggere il cuore, sono intatte soltanto quando la percentuale di cacao nella tavoletta si aggira tra il 75% e l’85%. In questo modo, ve lo assicuriamo, il gusto è talmente forte e intenso che è pressocché impossibile esagerare. E il “chocolate craving” diventa pura teoria universitaria.