Problemi per la pillolina azzurra: la psiche è comunque più potente

4 Dicembre 2007
Problemi per la pillolina azzurra: la psiche è comunque più potente

Sulle pagine di Eurosalus si è già affrontato pochi mesi fa questo delicato problema, a proposito di uno studio che ribadiva la superiore efficacia (del resto già ampiamente nota) della psicoterapia rispetto alla farmacologia nella cura della disfunzione erettile cioè, in parole povere – ma molto più espressive, – dell’impotenza.

Le case farmaceutiche, naturalmente, non potendo vendere colloqui con lo psicanalista, fingono di ignorare che, nella stragrande maggioranza dei casi, l’impotenza maschile è di origine psicologica e si ostinano ad affrontarla con i farmaci.

Così un banale vasodilatatore come il citrato di sildenafil, inizialmente sperimentato con risultati fallimentari per la cura dell’angina pectoris, è stato riciclato dalla Pfizer col nome di Viagra come pozione magica contro l’impotenza, generando per imitazione una famiglia di farmaci nuovi messi a punto da case concorrenti e tutti finalizzati alla stessa miracolosa opera di resurrezione.

Ma la psiche umana (tutti lo sappiamo per esperienza) è una delle forze più indomabili che esistano in natura. Era perciò inevitabile che si prendesse una rivincita, riducendo all’impotenza, oltre ai pazienti in questione, anche i farmaci fabbricati per curarli.

Ha dovuto prenderne atto il professor David Edwards, uno dei massimi esperti viventi in questa sensibile materia, presentando la sua relazione al congresso della European Society of Sexual Medicine, svoltosi nei giorni scorsi a Lisbona.

Serpeggiando sottilmente tra le righe, un occhio allenato riesce senza difficoltà a leggere, in questa relazione (basata, per colmo d’ironia, su una ricerca finanziata dalla Bayer, produttrice del Levitra, uno dei due principali rivali del Viagra), una dichiarazione di sconfitta della chimica dinanzi alla psicologia.

Lo studio aveva riguardato oltre 600 uomini abbastanza in là con gli anni (età media 55), tutti affetti dallo stesso problema (disfunzione erettile) e tutti prima o poi convinti a tentare la strada del farmaco vasodilatatore. I partecipanti alla ricerca sono stati invitati a rispondere a un questionario circa gli effetti della cura.

Il dato più interessante che emerge dalla relazione del professor Edwards non è rappresentato tanto dalla percentuale dei soddisfatti (molto alta, come il finanziatore aveva il diritto di aspettarsi) quanto piuttosto dai meccanismi psicologici messi in atto dagli insoddisfatti.

Chi, dopo l’inizio del trattamento, fa fiasco la prima volta sta molto peggio di prima. Questa in sintesi la morale che se ne trae. Il 68% denuncia una perdita di autostima, il 32% cade in depressione, il 24% si convince che la sua disfunzione è senza rimedio. Poiché il totale fa parecchio più di 100, se ne può dedurre che molto spesso queste reazioni negative si sommano l’una all’altra.

Circa il 30% dei “non risorti”, infine, sceglie la più drastica delle soluzioni: chiudere bottega. Rinunciare, cioè, per sempre a praticare qualsiasi attività sessuale piuttosto che ritornare dal medico a farsi prescrivere un secondo farmaco o una dose più massiccia del primo.

Naturalmente, secondo le case farmaceutiche che hanno messo sul mercato il Viagra e le sue imitazioni, queste sono reazioni psicologiche sbagliate. Il che conferma che la psicologia esiste e che la chimica non è in grado di farla funzionare a suo piacere.

Si può ben dire, con amara ironia, che questo disastroso esperimento conferma, da un punto di vista finora inesplorato, la validità perfino crudele del vecchio adagio: “La prima volta non si scorda mai”.

Ezio Sinigaglia
Redazione Eurosalus