La qualità dello zucchero usato cambia il grasso accumulato. Altri dubbi sul fruttosio
Un lavoro pubblicato sul Journal of Clinical Endocrinology and Metabolism in questo giugno del 2015 conferma due concetti che abbiamo spesso affrontato sulle nostre pagine (Schwarz JM et al, J Clin Endocrinol Metab. 2015 Jun;100(6):2434-42. doi: 10.1210/jc.2014-3678. Epub 2015 Mar 31):
Significa in pratica che l’uso di fruttosio per dolcificare, o l’uso di succhi di frutta purificati che alla fine contengono molto fruttosio, possono fare più male che bene in relazione agli effetti sul metabolismo.
I ricercatori californiani che hanno svolto la ricerca hanno descritto molto bene gli effetti di una dieta ad alto contenuto di fruttosio rispetto all’equivalente calorico mangiato però sotto forma di cereali o comunque di carboidrati complessi.
Non stiamo parlando della frutta mangiata in modo sano (frullati, frutta intera, estrazione lenta a pressione con presenza di fibra), ma del fruttosio usato come dolcificante o al posto dello zucchero nella preparazione di dolci o bevande.
Sappiamo già che la frutta può essere considerata sana e non ingrassante per la maggior parte delle persone, con l’eccezione di coloro che hanno una particolare reattività al carico di fruttosio, spesso indotta dall’uso ripetuto dello stesso zucchero.
Pochi sanno che l’uso del fruttosio come dolcificante è oggi diffusissimo e che, senza saperlo, chi ha abitudini dietetiche “americane” ne introduce una notevole quantità nell’organismo.
L’epidemia di obesità e diabete statunitense va sicuramente in parallelo con l’aumentato uso di questo dolcificante.
Il nome è HFCS (High Fructose Corn Syrup), e un approfondimento scientifico sulla sua produzione è rintracciabile in un articolo sul rapporto tra modifica degli zuccheri e aumento del grasso corporeo.
HFSC viene estratto dal mais in quantità sufficiente a dolcificare il mondo intero.
Già un lavoro di un gruppo di epatologi turchi aveva descritto, nel 2013, la stretta relazione tra epatopatia non alcolica e HFCS. Si tratta di quelle persone che si ritrovano con steatosi e fegato malmesso senza avere mai bevuto alcolici, ma avendo magari mangiato una notevole quantità di bevande dolcificate o di dolci (Basaranoglu M et al, World J Gastroenterol. 2013 Feb 28;19(8):1166-72. doi: 10.3748/wjg.v19.i8.1166).
Dopo svariati tentativi di utilizzare l’eccesso di produzione di mais, a partire dal 1870, solo negli anni ’70 del secolo scorso l’industria riuscì finalmente ad isolare in Giappone un enzima per realizzare senza pericolo l’idrolisi del glucosio in fruttosio: nacque così ufficialmente l’HFCS, e quando si riuscì definitivamente ad ottenere l’HFCS 55 che era più ricco di fruttosio (45% di glucosio e 55% di fruttosio) ed aveva quindi un gusto molto simile a quello dello zucchero, lo sciroppo di glucosio-fruttosio diventò il dolcificante usato persino dalle grandi aziende produttrici di soft drink in sostituzione dello zucchero.
Lo sciroppo di glucosio-fruttosio viene candidamente spacciato per prodotto naturale perché derivante dal mais, ma i trattamenti chimici necessari per trasformare una pannocchia di mais in zucchero non possono farci credere che il risultato finale abbia ancora qualcosa correlato con la natura.
In Italia ormai, lo sciroppo di glucosio è comparso in biscotti, gelati, yogurt e bibite di consumo quotidiano ed ovviamente nessuno si è premurato di spiegare che proprio naturale ed inoffensivo non sembra essere.
Il lavoro effettuato dai ricercatori californiani ha confermato dati che in parte erano già stati ipotizzati sulla base di precedenti ricerche, e il tema più interessante da considerare è quello della diversità di risposta a stimoli calorici assolutamente identici.
Nei soggetti studiati, attraverso il tracciamento radioisotopico del fruttosio, si è visto che pur restando analoghi i valori dei Trigliceridi e della Glicemia a digiuno, nell’immediata sequenza della assunzione di fruttosio si assisteva ad una sintesi di nuovo grasso da parte del fegato statisticamente aumentata in modo significativo rispetto a chi mangiava invece dei carboidrati complessi.
La possiblità di scegliere per la qualità di quello che si mangia rimane a tutt’oggi una delle opzioni più economiche e efficaci per mantenere forma e benessere e divertirsi comunque a mangiare.