Nuovi farmaci: sul mercato ad ogni costo
Novità di cronaca nel campo dei farmaci per il cuore.
Il prodotto di una nota casa di produzione francese, già posto al vaglio della Food and Drug Administration nel 2006 è stato riproposto per una valutazione alla FDA il 15 maggio 2008.
Come mai, a due anni di distanza, l’organismo di controllo dovrebbe mutare le proprie pregresse decisioni e consentirne la diffusione sul mercato?
Il colosso farmaceutico transalpino ha riproposto la “candidatura” del proprio prodotto basandola sul fatto che i nuovi studi (fatti da loro) dimostrino incontrovertibilmente il fatto che il medicinale riduca sia le ospedalizzazioni che le morti nei pazienti che soffrono di fibrillazione atriale.
La fibrillazione atriale, nella quale le due “camere” superiori del cuore non seguono propriamente il ritmo cardiaco, che affligge 2,2 milioni di americani e, secondo le stime, 4,5 milioni di persone nell’Unione Europea è un problema quanto mai annoso. I pazienti con questo tipo di disordine hanno maggiori rischi di incappare in ictus e altre complicazioni cardiovascolari, incluso l’infarto.
Il colosso farmaceutico ha rilasciato i risultati della sperimentazione clinica, chiamata Athena, durante l’incontro dell’American Heart Rhythm Society tenutosi a San Francisco.
La sperimentazione clinica, sostiene la compagnia, ha dimostrato come il medicinale abbia diminuito il rischio di morti cardiovascolari del 30% quando usato in associazione alle tradizionali terapie farmacologiche. Lo studio ha anche dimostrato come il prodotto abbia ridotto i dati relativi alle prime ospedalizzazioni del 25%.
In contemporanea con la presentazione, le azioni della compagnia sono salite del 2,8% all’annuncio, a 38.58 dollari cadauna, fatto che nel mercato degli scambi e a New York rappresenta un bel balzo in avanti.
Tralasciando considerazioni mediche generiche, a San Francisco non si è parlato né di controindicazioni del farmaco né di conferme sperimentali da parte di ricercatori “altri” rispetto all’industria farmaceutica e all’organismo di controllo, FDA, circa la bontà del prodotto.
Tanto meno si è discusso di una motivazione a una possibile e così tardiva accettazione del rimedio, già rifiutato due anni or sono.
Come in altri ambiti scientifici, dopo i proclami di vittoria (o di efficacia), si aspetta la prova dei fatti. Sarà così positiva come sostiene il colosso farmaceutico francese? Oppure il rifiuto del 2006 della FDA aveva motivazioni fondate nel ritenere il farmaco “Multaq” inadeguato agli scopi e, semplicemente, porterà a una conferma della bocciatura?
È presto per dirlo. Si dovrà aspettare per capire se gli interessi al fondo sono di tipo scientifico o semplicemente commerciale, con un tentativo di generare profitti che andrebbe a scapito della ricerca della verità medica e, quindi, dei pazienti in attesa di risposte autentiche all’insostenibile problema dell’abuso di farmaci.