Molibdeno (Mo)
L’attività essenziale del molibdeno riguarda il suo coinvolgimento in diverse attività enzimatiche, tra cui quella della xantina-deidrogenasi/ossidasi.
Questo enzima è coinvolto nel metabolismo degli acidi urici. La diminuzione dell’attività di questo enzima provoca xantinuria e la possibile formazione di calcoli renali.
L’enzima può anche reagire con l’ossigeno, innescando la produzione di radicali liberi. L’eccesso o la carenza di molibdeno sembra riflettersi sull’aumento o sulla diminuzione dell’attività di questo e di altri enzimi (solfito-ossidasi epatica).
Numerosi studi confermano comunque la natura del molibdeno come oligoelemento essenziale.
Sembra che una adeguata assunzione possa diminuire l’insorgenza del cancro esofageo e gastrico, e possa proteggere lo smalto dei denti, diminuendo l’incidenza della carie dentaria.
La sua relazione con acidi urici e gotta è tuttora controversa: un eccesso di molibdeno e quindi l’aumento dell’attività della xantina-deidrogenasi favorisce l’aumento della concentrazione ematica e urinaria degli acidi urici.
Il molibdeno (esavalente) viene prontamente assorbito nel tratto digerente, sebbene sia stato segnalato un antagonismo con i solfati derivati dalla degradazione delle proteine e dall’ossidazione della metionina e della cisteina.
Il fabbisogno giornaliero di molibdeno è stato stabilito sulla base dei livelli medi di assunzione quotidiana e sulla base di alcuni studi e si colloca tra i 50 e i 150 mcg/die.
Dato il numero esiguo di studi non è ancora stato stabilito un range di sicurezza. E’ però stata rilevata una elevata incidenza di gotta nelle diete che forniscono tra i 10 e i 15 mg/die di molibdeno.