Ma pensa: gli OGM producono meno
Recenti studi effettuati presso l’Università del Kansas – nel polmone cerealicolo statunitense – hanno messo in evidenza che la modificazione genetica in realtà incide negativamente sulla produttività delle piante: il confronto tra una pianta di soia OGM (da semi Monsanto) con una pianta di una varietà identica non modificata, coltivate nello stesso terreno, ha dato come risultato un raccolto di circa il 10% in più per la seconda. Lo stesso calo di produttività era già stato riscontrato sul cotone OGM, che con il mais e la soia costituisce il 90% della produzione agricola biotech.
Di fronte alla dimostrazione scientifica di ciò che gli agricoltori americani convertiti all’OGM avevano già rilevato sui campi, l’obiezione della Monsanto, il gigante che detiene praticamente il monopolio mondiale delle sementi OGM, è che la tecnica non era stata indirizzata a incrementare la produttività e che ora questo obiettivo è al lavoro. Ma gli esperti dell’Earth Policy Institute di Washington, obiettano che la fisiologia delle piante ha raggiunto i limiti della produttività raggiungibile.
Nel frattempo la promessa transgenica ha subito altri colpi, e ben più gravi. Non si è ancora spenta l’eco sul test tenuto segreto dalla Monsanto che avrebbe rilevato problemi al sistema immunitario sui topi di laboratorio alimentati con il Mon 863, un mais reso più resistente dall’aggiunta di una tossina. Stessi problemi denunciati da una sperimentazione condotta dalle università di Camerino e Pavia su topi alimentati con soia OGM – che avrebbero presentato anomalie destinate poi a scomparire con il ritorno all’alimentazione tradizionale – e gli stessi messi a tacere dal governo inglese (allora presieduto da Tony Blair) dopo uno studio condotto su cavie alimentate con patate OGM. Informata delle possibili malformazioni, l´Agenzia europea per la sicurezza alimentare aveva comunque dato semaforo verde alla commercializzazione del mais Mon 863.
Un altro allarme sollevato da scienziati autorevoli è quello dei possibili effetti sulla salute umana, dal momento che i prodotti transgenici sono già presenti nei cibi (sotto forma per esempio di “grassi vegetali idrogenati”) o sono alla base dell’alimentazione animale e di conseguenza compaiono sotto varie forme anche sulle nostre tavole. Intossicazioni e allergie sono tra gli effetti più denunciati, ma la manipolazione genetica pone inquietanti interrogativi anche relativamente alla possibile influenza sui geni umani, e di conseguenza sul controllo delle malattie degenerative umane.
I sostenitori della rivoluzione biotech erano convinti infine che le colture transgeniche avrebbero drasticamente ridotto l’uso di sostanze chimiche tossiche in agricoltura. Niente di più illusorio: l’uso di diserbanti e pesticidi è anzi aumentato, come dimostrano varie ricerche condotte negli Stati Uniti, principali produttori di colture OGM, seguiti nell’ordine da Argentina, Canada e Cina, dati che Eurosalus ha fornito già anni fa in anteprima assoluta.
A 12 anni dalla loro introduzione, i riflettori restano puntati sugli organismi geneticamente modificati. La propaganda probiotech comunque non demorde, e tutti questi allarmi fanno crescere proporzionalmente l’attenzione di chi nei confronti degli OGM nutre una legittima diffidenza. Nel frattempo, noi consumatori dobbiamo continuare a pretendere di essere garantiti sugli alimenti che portiamo in tavola, in modo da poter esercitare una scelta consapevole. Per quanto riguarda la pretesa che gli OGM possano contribuire a sfamare il mondo, ci sentiamo di concordare con quanto ha affermato un alto dirigente della Novartis, gigante mondiale delle biotecnologie: “Per nutrire il mondo ci vogliono volontà politiche e finanziarie”.
di Clara Borasio