Lettera aperta a una bambina obesa
Piacere, mi chiamo Lorella Giulia e sono una ex-bambina obesa; oggi una donna di mezza età, rotonda e orgogliosa di esserlo. Ti scrivo, non per raccontarti la mia storia, banale come mille altre, bensì per spezzare una lancia a favore delle merendine con cioccolata oppure marmellata, alle quali hai diritto in quanto bambina, anche se terribilmente sovrappeso.
Riceviamo e volentieri pubblichiamo un provocatorio testo di Lorella Giulia Focardi, scrittrice e modella morbida, musa di Botero e Riccardo Mannelli.
Cara bambina obesa,
Piacere, mi chiamo Lorella Giulia e sono una ex-bambina obesa; oggi una donna di mezza età, rotonda e orgogliosa di esserlo.
Ti scrivo, non per raccontarti la mia storia, banale come mille altre, bensì per spezzare una lancia a favore delle merendine con cioccolata oppure marmellata, alle quali hai diritto in quanto bambina, anche se terribilmente sovrappeso.
Dico questo, non perchè tu rimanga obesa, ma per provocazione. Una provocazione bella e buona, sopratutto al mondo degli adulti. Adulti preparatissimi e bravissimi a procurarti le merendine, il cibo.
Forse, e sottolineo forse, non altrettanto bravi a raccontartelo questo benedetto cibo! Le sue forme, i suoi sapori, odori, colori… Nonostante tutto questo gran parlare, scrivere sul cibo, il rapporto degli adulti con esso-cibo, fa acqua da tutte le parti.
Prova, almeno il tempo di lettura di questo mio scritto, a immaginare di non avere alcun modello di comportamento imposto dai grandi (rispetto al cibo, ovviamente).
Lasciamo scorrere i nostri pensieri su tutto quello che ci piacerebbe mangiare, in totale libertà. Tutte le cose buone del mondo (ti svelo un piccolo segreto: sai perchè adoro, di tanto in tanto, andare da MacDonald? A parte i fantastici panini e le patatine, perchè il cibo ci è dato da persone, ragazze e ragazzi di tutto il mondo: con occhi a mandorla, pelle color cioccolata, capelli intrecciatissimi. Immagino sia un po’ cibo anche delle loro terre di origine, traccia delle loro terre lontane… E poi tutta questa demonizzazione di MacD: esagerata, fuori luogo; basta prenderlo con le molle).
Mangiare non è atto così banale come vogliono farci credere, è atto emotivo, atto importante. Mi spiego: prendere con le mani, la forchetta, il cucchiaio e portare alla bocca, appoggiare le labbra, iniziare a masticare… scatena tutta una serie di sensazioni piacevoli, piacevolissime. Magari, se abbiamo un piccolo dispiacere, quelle sensazioni ci aiutano, momentaneamente e sottolineo momentaneamente a dimenticare… Succede, eccome se succede!
Più di una volta ti avranno detto che si mangia solo quando si ha fame. La prossima volta, quando te lo sentirai ripetere, prova a chiedere cosa è questa benedetta fame. Sono certa, riceverai risposte incerte, strane.
Dai retta a me: prendi il vocabolario e cerca la parola fame. Riconosci la tua fame nella definizione del vocabolario? Te lo chiedo, perchè la fame è roba complicata, molto, molto complicata; una sensazione colma di mille sfumature (sai come i colori, per esempio il rosso: intenso, scuro, chiaro; rosso corallo, porpora, carminio, ecc, ecc…).
Prova a prendere un quaderno e scrivere qualche aggettivo o espressione che possa adattarsi alla tua fame. Si può aver fame della merendina in quanto cibo; si può aver fame della merendina non in quanto cibo.
Provo a farti capire. Ci sono tanti tipi di fame, così come ci sono tanti tipi di nutrimento. Ci si nutre quando si mangia, ma anche quando si legge, si osserva un paesaggio, un tramonto, si guarda un bel disegno, un bel quadro. Si ascolta un “bravo” insegnante, un “interessante” adulto, un bambino curiosissimo.
Far coincidere la giusta fame al giusto nutrimento è una delle cose più difficili del mondo. La cosa più facile del mondo, invece, è confondersi.
Se dopo aver fatto i compiti, hai mangiato due merendine, aspetta a mangiarne una terza. Quasi di sicuro, non è più fame di cibo… Leggi, ascolta della musica… Datti il tempo di pensare si, che mangeresti ancora, ma anche quello di provare a nutrirti con altro… Si mangia di più per fugare la tristezza, il senso di frustrazione, la paura. Paura di cosa c’è là fuori, chi c’è là fuori.
Può capitare di avere paura (anche a noi adulti, non dar retta a chi ti dice il contrario). Paura di non riuscire a fare bene i compiti, di non essere bella e perfetta come quella tua amichetta.
È facile chetare le sensazioni spiacevoli facendo fuori una confezione intera di merendine, facilissimo. Importante saperlo, prenderne coscienza, esserne consapevole. Ben consapevole che il cibo può assurgere a compiti non suoi. Certo la consapevolezza non risolve i problemi… Non è compito della merendina colmare il vuoto dentro di noi.
Il vuoto? Si, quella indecifrabile sensazione, come se mancasse qualcosa…Un pochino, pochino dovrai imparare a conviverci; così come giorno per giorno impari, a vivere.
Nessun cibo, nessuna merendina farà sparire la tristezza se c’è. Il cibo poi, non ha alcuna colpa. Quale colpa può mai avere quella stupenda merendina? Cucinare è un ottimo modo per prendere confidenza. Fino a quando non sarai più grande, per stare ai fornelli cercati un adulto giocoso e goloso. Giocosità e golosità: due parole-chiave per stare nei paraggi del cibo (e della vita), con meno ambascia possibile.
Cibo e vita non sono poi così distaccati come pare… Anzi per le bambine e i bambini morbidi come te (stessa storia per lo stesso tipo di adulti, cioè morbidi), sembra vi sia una sorta di osmosi fra le due cose.
Che lo sentiamo amico o nemico, il cibo è sempre presente nei momenti cruciali delle nostre vite. In fin dei conti, la merendina è un dolce tramite per accedere alla realtà; ma dobbiamo fare in modo che non diventi il mezzo preferito. Ce ne sono molti altri. È vero: più complicati, meno a portata di mano.
Comunque dobbiamo far tesoro degli altri mezzi a nostra disposizione, altrimenti diventa impossibile provare a perdere del peso e poi, non riprenderlo.
Leggi un libro di avventure (culinarie, magari), al posto della prossima merendina che vorresti mangiare. Abituati a pensare a farti domande; ad accettare che non tutte le domande hanno una risposta. Così come non tutte le diete danno dei risultati, o almeno, non tutti quelli che i grandi auspicano essa possa avere per te.
La dieta è dieta, non è un modo di stare al mondo; essa non può (e mi verrebbe da aggiungere, non deve) risolvere i nostri problemi, o almeno non tutti, di pesantezza o di leggerezza.
Hai mai pensato che la leggerezza non è solo ed esclusivo affare di bambini o adulti magri (ci si può sentire una farfalla anche con qualche chiletto di troppo, detto per inciso).
I chili si perdono e non si riprendono solo trovando i propri limiti con il cibo e con la vita. Di limiti, bambina, ce ne sono a bizzeffe… Prova a fare mente locale: alla decima merendina della giornata, stai più male che bene; eccolo un primo limite.
Non essendo un medico, non so dirti qual’è il numero giusto delle merendine da mangiare al giorno, ma non dubito che troverai un medico capace di dirtelo. I medici ne sanno di cotte e di crude, in fatto di nutrizione, diete e compagnia bella.
Lascia stare la dieta dell’amichetta. Sarei lieta di poterti dire che si perde peso mangiando tutto quello che ci piace, ma, aihmè, non è così… Immagina, focalizza i tuoi chiletti in più, come innumerevoli frutti maturi attaccati ad un solo ramo.
Prova, delicatamente, pazientemente, a farne cadere qualcuno, un paio, per cominciare. Potresti immaginarli come delle belle, succose ciliegione, rosso rubino. Faranno la gioia della terra quando le cadranno in grembo.
Alcuni geologi sostengono che la terra è un essere vivente e come tale si comporta: si sveglia, mangia, dorme, trattiene, elimina, sogna, si riposa, si arrabbia, fantastica… proprio come noi. Il medico saprà indicarti anche dei buoni libri sulla nutrizione.
Cammina, nuota, raccogli fiori, conchiglie, sassi. Evito accuratamente di dirti, corri: a me non piace; adoro invece saltare alla fune e ballare. Nel muoverti, a parte ciò che i grandi ti diranno, ascolta con attenzione le reazioni del tuo corpo.
Rifletti, riflettici, riflettiti… Per esempio, se avverti un eccesivo disagio, esprimilo (non sempre è dovuto alla nostra pigrizia!).
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Nell’originale, la lettera si conclude con una favola. Se vuoi leggerla, clicca qui.
Gabriele Piuri e dott. Attilio Speciani
Staff Medico Eurosalus