La cucina del buon gusto: quando ricordi ed emozioni si mettono ai fornelli
Ho il piacere e l’onore di consocere personalmente Maria Rosario Lazzati, e sapere già da molti anni che a Londra (dove lei vive) tiene con successo corsi di cucina dedicati alle donne della city che soffrono di ansietà da “Kitchen performance“.
Una volta infatti si usava ospitare a casa propria sfoggiando solo le cose possedute, mentre oggi “il bon ton” prevede di proporre ai prori ospiti qualcosa di fatto con le proprie mani, dimostrando non solo di possedere una tecnica, ma di averla fatta propria e di poterla esprimere con l’eleganza tipica di una vera signora. Rosario insegna questa arte a molti britannici.
Sapevo di questa realtà londinese da molto tempo e mi ha spesso fatto sorridere pensare a chi, non avendo acquisito o metabolizzato esperienza e conoscenza, o non sapendola mischiare con con le proprie emozioni, doveva subdolamente ricorrere ad acquisti esterni “ingannatori” per potere fornire agli ospiti piatti credibilmente fatti in proprio.
Si tratta di un inganno facilmente verificabile: gli inglesi non parlano in pubblico della propria salute ma discutono nei minimi dettagli di stufati e zuppe, scoprendo rapidamente chi non è capace di sostenere un pensiero da esperta o esperto di cucina.
Quando Rosario mi ha guardato negli occhi dicendomi che sarebbe uscito questo suo libro, scritto insieme alla siciliana Simonetta Agnello Hornby (La Cucina del Buon Gusto, Feltrinelli 2012), mi ha trasmesso uno sguardo ricco di una emozione così forte che non ho potuto fare a meno di leggerlo tutto d’un fiato quando ho avuto in mano il volume. Pensavo (giustamente) tra me e me che un modo così sottile ed elegante di esprimere la propria ricchezza avrebbe meritato una trattazione davvero intrigante, come se le precisazioni tecniche del cucinare fossero solo la scusa per un racconto che toccasse invece la rappresentazione delle emozioni.
La lettura mantiene questa promessa non comunicata, e nell’intreccio della descrizione alimentare emergono le storie personali e le vite delle due autrici. Per conoscenza mi è cara quella di Rosario, di cui colgo molte più sfumature di quelle raccontate, ma anche quelle di Simonetta emergono con la forza della radice siciliana che la anima.
La lettura di temi sempre più complessi legati a celiachia, scelte vegane, intolleranze alimentari ed allergie, si snoda attraverso una concezione della cucina che nulla toglie al piacere del convivio. L’analisi dei gusti di persone di diverse nazionalità e provenienze ha aiutato Rosario e Simonetta a capire, nonostante tutta la loro capacità di mediazione, che anche il gusto ha una storia e dei confini. E questa consapevolezza le aiuta ad essere in terra londinese, tra le più stimate esperte di quest’arte.
La quarta di copertina riporta una frase, evidenziata in rosso, che fa emergere il vero senso di questo libro, e che rimane a segnale di chi lo vuole leggere, sperimentare e godere: “cucinare ci fa sentire umani“.