Iodio 131 in latte e verdure: capire il rischio
Fin dal 12 marzo, giorno successivo al terremoto Giapponese abbiamo sostenuto che il possibile problema della fusione incontrollata avrebbe causato un disastro di dimensioni vastissime, ma che la presenza di alcuni radionuclidi come lo Iodio 131 e il Cesio 137 dimostrava la fusione in atto anche se controllata, e che questo significava che sarebbero stati immessi nell’ambiente in modo continuo delle sostanze radioattive il cui decadimento avrebbe impiegato centinaia di anni. Per fortuna in quantità estremamente ridotte ma significativamente rilevabili.
Nei giorni immediatamente successivi abbiamo riferito che a Milano ad esempio si rilevava la triplicazione dei valori di Iodio 131 misurati nell’aria, ma che i valori di radioattività complessiva restavano assolutamente nel livello di accettabilità della radioattività naturale.
Per potere esprimere un giudizio corretto dobbiamo ricordare due aspetti importanti.
Una contaminazione acuta ed intensa da Iodio 131 (come avvenuto nelle immediate vicinanze dell’impianto di Fukushima, o in Europa a seguito dell’incidente di Chernobyl del 1986) va controllata con lo Iodio stabile (Ioduro di Potassio) che in questo momento non è necessario prendere.
L’aumento di radioattività riscontrabile nell’aria, sui terreni, nelle verdure e nel latte è invece la semplice lettura del fatto che dal Giappone arrivano piccolissime ma misurabili quantità di radionuclidi.
Il ragionamento va fatto in modo complessivo: un viaggio aereo da Milano a New York, per il solo fatto di essere diversamente esposti alle radiazioni solari può fare assorbire una dose di 50 microsievert.
Il dosaggio costantemente monitorato dall’ISPRA di radioattività negli alimenti Europei ci porta a leggere dati che rilevano ad esempio da 0,1 a 1,5 Becquerel per Kg o per litro di latte dovuti alla presenza dello Iodio 131. Significa che per raggiungere la dose equivalente che qualsiasi persona riceverebbe durante un viaggio a New York (per il quale nessuno si preoccupa di proteggersi) servirebbero da 1.000 a 10.000 litri di latte o chili di spinaci…
In questo senso può essere utile fare riferimento ad un sito internazionale di valutazione dei dosaggi ed al suo calcolatore.
Il che non vuol dire che dobbiamo sottovalutare il problema. Anzi, come per il vulcano islandese che ha distribuito le sue polveri sui cieli d’Europa, dobbiamo renderci conto che la radioattività non resta in Giappone o confinata ai siti nucleari. Di fronte ad un incidente nucleare chiunque nel mondo, arriverà a riceverne un possibile danno. Vanno evitate isterie attuali, come la eliminazione del latte o delle verdure, ma va invece fatta una seria riflessione sul fatto che nessuno, in questo mondo “è lontano” come a molti fa piacere credere e fare credere.
La situazione rimane critica nella misura in cui è necessario per tutti un aumento di azione antiossidante ma non serve adesso nessuna azione di controllo specifico su determinati alimenti. Il rischio indotto dalla eliminazione delle verdure dalla dieta rischia di essere più dannoso della sua assunzione.