Io vivo più di te e meglio di te: mangio integrale
Lo si dice da anni, anche se il valore del cibo integrale è di frequente considerato come una curiosità da bar o un pettegolezzo da parrucchiere.
Poi invece i lavori scientifici si sommano gli uni agli altri e la certezza scientifica si presenta con tutta la sua rivoluzionaria potenza.
Le indicazioni nutrizionali che quindici o venti anni fa sembravano le proposte di qualche “pazzerellone” o di qualche scienziato un po’ originale (se non fanatico) diventano oggi le inidcazioni delle società di medicina internazionali e l’evidenza statistica dei risultati è palese ed evidente.
Una ricerca pubblicata sul JAMA Internal Medicine nel marzo del 2015, elaborata da un gruppo di ricercatori della Harvard School of Medicine, della Albert Einstein University di New York e del Nutrition Department della Singapore University, ha consentito di affermare che l’uso di farine integrali e di cerali integrali (a confronto con le rispettive versioni raffinate) ha ridotto in modo significativo e rilevante la mortalità da tutte le le possibili cause e la mortalità da malattia cardiovascolare in un vasto campione di persone.
Per la mortalità da cancro si può leggere una tendenza verso la riduzione, ma l’analisi statistica non raggiunge livelli di significatività.
Il campione di persone seguito è molto vasto e analizzato con rigore. Si tratta infatti di circa 75.000 donne del Nurses’ Health Study, seguite per 26 anni (1984-2010), e di circa 45.000 uomini del Health Professionals Follow-up Study seguiti per 24 anni, tra il 1986 e il 2010.
Ogni 28 grammi di cereali integrali mangiati in un giorno (in confronto a 28 grammi di cereali o farine raffinati) produce un 5% in meno di mortalità per tutte le cause e un 9% in meno di mortalità cardiovascolare.
Se pensiamo all’uso della pasta bianca che viene fatto in Italia capiamo subito quale potrebbe essere il vantaggio derivante dalla semplice utilizzazione della pasta integrale.
Risultati sorprendenti e rilevanti che ci fanno, come sempre, porre domande rilevanti sul perché negli ospedali italiani la mensa preveda ancora pane bianco e pasta bianca, riso raffinato e altre ignominie anziché usare l’occasione della malattia per insegnare alla gente a usare gusti diversi, affiancando il momento alimentare a informazioni educative.
E un problema ancora più grande ci sembra esistere nella maggioranza delle scuole italiane, dove l’uso dell’integrale è spesso oggetto di derisione e di critiche alla direzione scolastica o ai servizi di catering.
Non nego che mi sia capitato di sentire dire e difendere concetti come “ai nostri bambini piace mangiare il pane bianco, non quelle robe lì…“, indifferenti a qualsiasi spiegazione sulle motivazioni salutistiche che stimolano la scelta dell’integrale.
È stato un percorso lungo, e solo per completezza ci piace riportare i lavori sulla riduzione di mortalità legati alla prima colazione integrale, pubblicati ancora nel 2003 sull’American Journal of Clinical Nutrition (concetti cari anche a me personalmente, ed espressi nella pubblicazione di “Colazione e Brunch per il Benessere” scritto insieme alla mia famiglia).
In particolare ritengo molto significativo il lavoro norvegese pubblicato nel 2007 sull’American Journal of Clinica Nutrition in cui gli autori hanno rilevato su oltre 40.000 donne in menopausa seguite per 17 anni che l’utilizzo di cereali integrali avesse ridotto il rischio di mortalità per malattie infiammatorie di oltre il 40% (Jacobs DR Jr et al, Am J Clin Nutr. 2007 Jun;85(6):1606-14).
La spiegazione degli autori è che riducendo lo stress ossidativo grazie alla azione antinfiammatoria dei cereali integrali si possa intervenire efficacemente sulle malattie infiammatorie e sulle loro conseguenze (leggi l’articolo intero originale).
Di certo non parliamo solo di mortalità, ma di malattia, di benessere e del modo in cui si vive… Vivere senza infiammazione e con una più lunga prospettiva di vita è un passo avanti di forte impatto sulla qualità della vita.
Dobbiamo essere critici verso coloro che tendono a rifiutare l’integrale o i semi oleosi per supposti motivi di salute. È stato chiarito che ad esempio i semi oleosi sono non solo accettabili, ma potenzialmente benefici anche nelle forme di diverticolosi croniche.
La buona notizia è che all’alimentazione integrale si può arrivare con gradualità.
Già chi comincia a inserire almeno un po’ di integrale riceve dei vantaggi, che diventano molto più ampi quando l’integrale diventa dominante.
Il primo passo verso il cambiamento è l’impegno socialmente richiesto a tutti, e in fin dei conti, alche il solo primo passo porta già dei vantaggi che chiunque può vedere e misurare.