Haiti e l’indice Globale della Fame
Come anticipato nei giorni scorsi, Attilio Speciani tornerà ad Haiti per qualche giorno di lavoro a favore della Fondazione Francesca Rava – NPH. Sarà lui quindi a raccontarci la vita di quel posto meraviglioso e al contempo condannato ad una infinita pena sociale, in cui l’età di vita media è spaventosamente bassa: 19 anni. Ma prima di allora, per capire qualcosa di più su Haiti può aiutarci uno strumento statistico, l’Indice Globale della Fame (GHI, Global Hunger Index). Lo calcola ogni anno l’International Food Policy Research Institute (Ifpri), riducendo ad un valore numerico tre indicatori specifici: la percentuale di denutriti sul totale della popolazione; la percentuale di bambini con meno di cinque anni di età che siano sottopeso; il tasso di mortalità tra bambini sempre al di sotto della stessa soglia di età. Se, incrociando i dati, il GHI risulta maggiore o uguale a 4.9, si parla di una situazione poco grave; da 5 a 9.9, è moderatamente grave; da 10 a 19.9, è semplicemente grave; da 20 a 29.9, è allarmante; oltre i 30 è estremamente allarmante.
Il GHI di Haiti del 2011 è 28.2, in aumento rispetto al 2001 (26.0). I tre indicatori con cui è costruito dicono di un tasso di mortalità sotto i cinque anni dell’8.7% (in calo, rispetto all’11% di dieci anni fa), di condizioni di sottopeso nella stessa fascia di età del 18.9% (dal 13.9%) e di una percentuale di denutriti pari al 57% della popolazione (erano il 53% nel 2001). Haiti è dunque in una situazione allarmante, prossima ad esserlo estremamente. Con la Repubblica Democratica del Congo e con l’Eritrea condivide il tragico primato percentuale di popolazione denutrita. In altre e più semplici parole, in dieci anni nella penisola caraibica è aumentata la fame; concetto quanto mai chiaro, ma che merita una specificazione ufficiale: per esempio quella della Fao (Food and Agriculture Organisation), che la definisce come il consumo quotidiano di meno di 1800 calorie (la media minima affinché un individuo riesca a vivere in modo sano e produttivo).
Il dramma alimentare di Haiti ha una causa recente nell’impennata a livello mondiale, nel 2008, dei prezzi di tre alimenti basilari per la maggior parte degli abitanti del pianeta: mais, frumento e riso. A Port-Au-Prince e in altre città del Paese si sono scatenate rivolte che, nell’arco di una settimana, hanno fatto cadere il governo e provocato scontri con cinque morti. La nazione è tra quelle con che dipendono fortemente dalle importazioni alimentari; ciò la pone in uno stato di massima sensibilità agli effetti negativi delle impennate nei prezzi dei prodotti. I consumatori poveri sono coloro che impiegano la gran parte del proprio reddito – se non la quasi totalità – per nutrirsi, e di conseguenza non hanno la forza di sostenere improvvisi aumenti del prezzo del cibo a loro necessario. Inevitabilmente, le famiglie di quel tipo di consumatore riducono la quantità e la qualità dei loro pasti: chiunque è in grado di capire come questo stato di cose conduca ad un aumento della denutrizione, soprattutto tra donne e bambini.
Così, ad Haiti la crisi dei prezzi alimentari ha determinato un diffuso calo dei gruppi familiari al di sotto della soglia di assunzione calorica minima. Il fenomeno ha riguardato anche altri paesi dell’America Latina: Ecuador, Nicaragua, Panama, Perù. Lo rivela uno studio condotto proprio dall’Ifpri a margine della raccolta di dati per la costruzione del GHI 2011, in cui alla suddetta crisi è stata correlata una riduzione media nell’assunzione di calorie dell’8%. Il contraltare di questo quadro è altrettanto drammatico: ad eccezione di Panama, negli altri Paesi la fascia di popolazione (circa un quinto della stessa) con maggior ricchezza e potere d’acquisto ha aumentato, dopo la crisi dei prezzi, la propria assunzione calorica di più del 10%. In sintesi: la stragrande maggioranza della popolazione è denutrita, la restante esigua minoranza è in sovrappeso.
L’ifpri e un nutrito gruppo di Ong stanno lavorando – sia sul campo sia con attività di lobbismo politico – per cercare una soluzione. Tra la più urgenti figura la necessità di bandire la speculazione finanziaria nelle borse delle merci alimentari (la più importante delle quali è a Chicago). Un tema complesso e molto delicato, di cui Eurosalus tornerà ad occuparsi.