Fermenti lattici bocciati: quattro prodotti su cinque non passano l’esame di laboratorio
Uno studio importante, fatto nel 2004, che torna di attualità in relazione all’importanza clinica che i probiotici stanno assumendo nella clinica e nella patologia umana.
Sono stati valutati 5 prodotti commerciali venduti nelle farmacie italiane. Dopo un periodo che andava dai 12 ai 22 mesi dalla produzione (e quindi in assoluto periodo di vendibilità) quattro prodotti probiotici su cinque dimostravano concentrazioni diverse da quelle dichiarate in etichetta.
Poichè molte patologie (non solo quelle intestinali) possono essere curate con la somministrazione di probiotici, è necessario che il medico sappia esattamente cosa fa ingerire al proprio paziente. Nello studio italiano sono emerse invece forti discrepanze tra le reali concentrazioni verificate in laboratorio e quelle dichiarate in etichetta.
Nel lavoro clinico (Drago L et al, J Chemother 2004 Oct;16(5):463-7) sono stati studiati cinque prodotti probiotici italiani: quattro di questi non raggiungevano le concentrazioni dichiarate. Oltre alla quantità e alla qualità dei fermenti lattici vivi sono stati valutati anche la stabilità dei lactobacilli (sia confrontandoli con i sali biliari, sia con l’ambiente acido, a riproporre le condizioni in cui questi batteri transitano nelle vie digestive).
Se i sali biliari non hanno inibito la crescita batterica, sono bastate sei ore di ambiente acido per bloccare completamente la crescita in due dei prodotti esaminati.
Sebbene ci siano evidenze per cui anche la somministrazione di batteri non vitali o di parte di essi sia sufficiente in alcuni casi a indurre un effetto immunologico di reazione per migliorare le condizioni cliniche del paziente, chi vuole un fermento lattico vivo deve potere essere sicuro di averlo, che sia proprio quello e che sopravviva alla semplice ingestione. Pensiamo quindi sia necessaria una più chiara legislatura in tal senso e un maggior controllo di questo settore.