E se il parto fa male al papà?
Si chiama depressione post-parto e sembra quindi abbastanza naturale presumere che ne possa soffrire soltanto chi ha partorito. Ma, sorprendentemente, non è così.
È quanto emerge da una ricerca realizzata negli Stati Uniti e pubblicata sulla rivista medica Pediatrics (Paulson JF et al, Pediatrics 2006 Aug;118(2):659-68).
Lo studio è stato condotto su un campione molto significativo, di oltre 5000 coppie che avevano di recente “partorito”. Ne è risultato che, a presentare sintomi depressivi, era non soltanto il 14% delle mamme (un dato che conferma le statistiche più aggiornate) ma anche il 10% circa dei papà.
Non è una notizia confortante. È infatti del tutto lecito ipotizzare che un prolungato stato di depressione del padre eserciti la stessa influenza negativa sulla crescita del bambino già largamente verificata nei casi di madri depresse. E, poiché i primi mesi di vita esercitano un’importanza fondamentale sullo sviluppo dell’individuo, è bene che questi sintomi di depressione di uno dei due genitori (o ancor peggio di entrambi) siano individuati per tempo e affrontati con decisione.
A volte, tuttavia, tra le righe di una brutta notizia se ne può leggere una incoraggiante. Da questa, ad esempio, si può trarre un’elementare considerazione: la depressione post-partum non ha dunque cause soprattutto fisiche (fatica, stress, rapidissimi cambiamenti ormonali) come si era fin qui creduto. Queste saranno forse responsabili del cosiddetto baby blues, un’affezione assai meno grave, di malinconia più che di vera depressione, e della durata di pochi giorni. Ma certo queste cause non possono valere per i papà.
A innescare lo stato depressivo sono evidentemente fattori psicologici, legati alla nuova assunzione di responsabilità, al turbamento dell’ambiente familiare, alle modifiche dei ruoli, al senso di incertezza con cui si guarda al futuro.
Sappiamo che molti ricercatori considerano i fenomeni depressivi solo come aspetti organici, da affrontare esclusivamente con la somministrazione di dosi massicce di psicofarmaci. Questa ricerca evidenzia invece l’importanza delle cause emotive e psicologiche nello scatenamento della sintomatologia, e valorizza anche altre possibilità di intervento terapeutico.
Alimentazione, attività fisica e counseling sono tra gli strumenti che possono aiutare direttamente o indirettamente i depressi che non credono nella sola natura organica del proprio malessere.