Dottore, si ricorda di me? Considerazioni sulla sindrome da fatica cronica

4 Dicembre 2006
Dottore, si ricorda di me? Considerazioni sulla sindrome da fatica cronica

“Dottore si ricorda di me?”

Così iniziò la telefonata di una paziente che seguivo ai tempi della Medicina di Base per tutta quella serie di problemi di bambina, poi ragazzina-adolescente e poi giovane donna, che non sentivo più da alcuni anni.

Il problema non era suo, ma dell’attuale “ragazzo”, collega di università con il quale aveva una storia da circa un anno e che accusava una “stanchezza perenne”.

“Non è possibile che si svegli al mattino, dopo 8 ore di sonno, e sia stanco, o che nel corso del week-end, nel pomeriggio, si addormenti sul divano… e poi tutta questa stanchezza si ripercuote anche sul piano sessuale. Così l’ho convinto e gli ho detto che dobbiamo andare dal mio vecchio Dottore”.

Queste affermazioni, lusinghiere ma preoccupanti, sono il prologo di un caso clinico interessante che mi darà spunto per un breve approfondimento su di una malattia, anzi meglio forse definirlo un “disturbo”, che da qualche anno sta interessando sempre più la Medicina per l’importante incidenza che lo caratterizza, soprattutto nella fascia di età adolescenziale-giovani adulti: la fatica cronica o, come dicono i colleghi anglosassoni, dandole dignità di sindrome (cioè un insieme di sintomi) la Chronich Fatigue Syndrome.

La patologia è subdola… l’inizio altrettanto. Per alcune settimane il soggetto lamenta un senso di transitorio affaticamento, non riuscendo più a fare le cose che faceva prima senza sentirsi “privo di energia”, esageratamente provato.

Il circolo è vizioso per cui si decide di ridurre l’attività in senso generale e progressivamente subentra, come è naturale che sia, una specie di blocco psicologico, un’apatia che porta ad astenersi, a chiudersi, a non provare più a fare certe cose… e la situazione peggiora.

Come sempre corpo e mente si intersecano e facilmente dallo stato di debolezza si passa allo stato di associata tristezza, preoccupazione, timore, e si entra a pieno titolo nei disturbi dell’umore !

Quando preoccuparsi ?

Bisogna capire le origini di questo disturbo ed il Medico deve indagare contemporaneamente su due fronti: quello “biologico” e quello “psicocomportamentale”.

Spesso la persona, il giovane adolescente, esce da una storia di “inadeguata risposta” alle richieste che la società impone. Ma questa incapacità a “reggere su tanti fronti” nasce talvolta dalla educazione attuale che non lascia “spazio al recupero”.

Le diverse attività sportive che madri esigentissime hanno magari richiesto nella seconda infanzia, le lezioni di musica, il partecipare ad una intensa vita sociale (oratorio, amici dello sport, compagni di scuola) portano il nostro giovane adolescente a esaurire le risorse, a non essere più in grado di provare soddisfazione e piacere dalle attività, a diventare “stanco cronico”.
Questo profilo non deve però prescindere dalle indagini ematologiche che si impongono per una corretta diagnosi.

Un completo esame del sangue permette di evidenziare se questo sintomo va considerato primitivo o, come spesso capita, secondario a qualche patologia misconosciuta (una mononucleosi, una deplezione dei depositi di ferro, alterazioni elettrolitiche, una intolleranza alimentare e così via). 

Il mio approccio di Medico che applica la medicina “integrata” (tradizionale e/o naturale in eventuale sinergia) si basa sull’esperienza di alcuni anni, e non può prescindere dalla “presa in carico” del soggetto, dalla conoscenza approfondita della sua storia clinica e comportamentale, dall’utilizzo di una specie di “RIABITUDINE PROGRESSIVA ALL’ATTIVITÀ FISICA” e dall’impiego di alcuni rimedi naturali, spesso derivati dalle piante, che incrementano progressivamente l’energia di cui il soggetto è deficitario.

Nel nostro Centro poi recentemente si propone al paziente l’impiego di un nuovo “misuratore del consumo di energia” che si applica semplicemente al braccio e che registra il dispendio energetico del soggetto… ma è anche uno strumento che permette al Medico di sapere veramente se il paziente ha “ubbidito” alle indicazioni di ripresa progressiva dell’attività.

Il giovane fidanzato si è progressivamente ripreso …… e la “formula magica” è stata un insieme di interventi che, come sempre devono essere messi in atto in questi (ma non solo in questi) pazienti che hanno modificato le energie di base, hanno corretto le parziali anomalie biologiche e hanno parallelamente lavorato sul terreno “psiche” ricostruendo fiducia e autostima e sbloccando così il ciclo vizioso della fatica cronica.

Dottor Maurizio G. Biraghi, specialista oncologo
(Il dottor Biraghi esercita presso il CAM di Monza, tel. 039.23971)