Donne: taglie forti discriminate?
L’obesità al giorno d’oggi è un problema sia medico che sociale perché rappresenta un importante fattore di rischio per numerose patologie oltre che un grosso limite fatto di implicazioni sociali e psicologiche.
Negli Stati Uniti la discriminazione nei confronti delle persone obese è un fenomeno dilagante, una forma che riguarda la vita sociale delle persone a livello di rapporti interpersonali e professionali. Lo rivela uno studio effettuato dall’Università di Yale e pubblicato dall’International Journal of Obesity, secondo cui gli episodi sono alla pari se non maggiori di quelli per discriminazione razziale, e che c’è una netta differenza di giudizio fra uomini e donne (RM Puhl et al, Int J Obes (Lond) 2008 Mar 4).
La ricerca si è basata su un campione rappresentativo nazionale di adulti tra i 25 e i 74 anni e il risultato non ammette dubbi: la società legittima i fenomeni di discriminazione perché una persona che non controlla il suo peso merita di essere criticata.
In un mondo dove l’immagine è tutto, essere grassi significa avere un carattere debole e scarsa autodisciplina; a farne le spese sono in particolare le donne più vulnerabili e più esposte a giudizio rispetto agli uomini.
I ricercatori hanno identificato anche la quantità di soprappeso che scatena la reazione discriminatoria basandosi su una misura di riferimento, ovvero l’indice di massa corporea, che mette in relazione peso e altezza. Un BMI normale va da 18,5 a 24,9 punti, mentre l’obesità inizia dai 30 e può arrivare anche a 40 punti.
La ricerca, i cui dati sono stati rilevati dal National Survey of Midlife Development negli Stati Uniti, dimostra che una donna inizia a subire notevoli discriminazioni già con un indice BMI di 27, ciò significa un’altezza di un metro e sessantasette per circa 73 chilogrammi. Gli uomini invece possono raggiungere un valore di BMI ben più alto prima di essere additati come “grassoni”, addirittura 35.
Per rendere chiaro il concetto: un uomo di un metro e ottanta con un indice di massa corporea di 35 pesa intorno ai 107 chilogrammi. C’è una netta differenza fra uomini e donne: i primi non sono a rischio discriminazione sino a 35 punti di BMI, le donne iniziano a essere emarginate già dai 27.
Questo è un risultato che deve far riflettere perché rischia di creare emarginazione e accrescere il problema. Avere chili di troppo dipende principalmente da una dieta sbagliata, ma può dipendere anche da fattori genetici o da patologie ormonali, le stesse che rendono difficile dimagrire.
Anche se in tema di discriminazione stiamo perdendo la battaglia, rimane da vincere la sfida col proprio peso corporeo. Eurosalus si è interessato al fenomeno in più interventi fornendo preziosi consigli, tecniche di comportamento e validi approcci per uno stile di vita più attivo.
di Cristina Florio