Le virtù di una corretta digestione
A tutti è stato detto di masticare bene, perché la prima digestione avviene in bocca. Ma se da piccoli non si è capaci di cogliere la differenza tra digerire bene o male, una volta cresciuti si comprende come non completare correttamente la digestione porti alla concreta possibilità che compaiano anche altri disturbi: fermentazione o putrefazione intestinale, causa di meteorismo e diarrea o stitichezza; malassorbimento, con la stanchezza e l’anemia che ne derivano. Senza dimenticare l’induzione di intolleranze, a causa della persistenza intestinale di sostanze alimentari che normalmente non dovrebbero trovarsi in quella sede. Mangiando un comune toast, ci si aspetterebbe dopo un po’ di ritrovare a livello intestinale aminoacidi semplici e carboidrati completamente scomposti. Se però la digestione è in qualche modo rallentata o impedita, troveremo dei pezzettini di maiale (dal prosciutto), di mucca (dal formaggio), e di spiga di frumento (dal pane). Il nostro intestino non è fatto per sopportare la presenza di sostanze così diverse, e in quel caso può dare una forte reazione di allergia o di intolleranza provocando la comparsa di infiammazione e di tutti i sintomi accompagnatori, dall’emicrania all’eczema o all’artrite.
I capisaldi della corretta digestione sono quindi una buona masticazione (basta gustare il cibo fino in fondo e posare sul tavolo la posata, come indicherebbe anche il nome, tra un boccone e l’altro) e una completa attività degli enzimi. Se lo stomaco funziona a dovere, gli enzimi contenuti in succhi gastrici, succhi pancreatici e succhi biliari sono in grado di trasformare quello che si mangia in aminoacidi e carboidrati semplici, garantendo una digestione completa, e controllando (o guarendo) molti fenomeni di ipersensibilità al cibo. Per questo motivo dopo un test come RecallerProgram (effettuabile in molte farmacie italiane), che rileva l’infiammazione dovuta al cibo e aiuta a capire che tipo di dieta impostare per guarirne, si chiede spesso di assumere un integratore alimentare con funzione enzimatica.
I problemi connessi all’utilizzazione a lungo termine dei cosiddetti “protettori gastrici” sono forse più grandi di quelli che ne richiedono l’uso nelle fasi acute. Spesso questi farmaci sono infatti prescritti o usati per situazioni in cui lo stomaco dà semplicemente segno di sé, senza essere necessariamente malato; ma pur di non “sentire” lo stomaco, molte persone prendono sistematicamente antiacidi o protettori gastrici senza rendersi conto che si complicano la vita. Chi usa antiacidi, antiulcera, anti H2 o protettori gastrici inibitori di pompa protonica (fino al 20% della popolazione totale e fino al 60% di chi assume altri farmaci), corre un documentato rischio di sviluppare allergie o intolleranze alimentari. Questo accade soprattutto introducendo proteine o alimenti “nuovi” nella propria dieta: la frutta esotica, mai mangiata prima; il pesce crudo, non presente nella propria dieta abituale; altri cibi e bevande (vale anche per i coloranti delle bibite o per gli additivi delle merendine) che si assaggiano per la prima volta. L’acidità gastrica ha un’importantissima funzione di barriera nei confronti delle sostanze alimentari che assumiamo. L’azione combinata di acidità ed enzimi consente di trasformare le proteine allergizzanti presenti in ogni cibo di cui ci si nutre, in sostanze innocue.