Cibo e infiammazione: chiudere gli occhi allontana dalla realtà clinica
Un nostro lettore, medico, ci ha inviato la lettera che l’ANSISA (Associazione Nazionale Specialisti In Scienza dell’Alimentazione) ha fatto arrivare ieri a tutti i propri associati. La loro circolare N. 7 del 2007 dice di condividere quanto riportato dall’articolo del Corriere della Sera (che inviavano in copia) in merito ai test per le intolleranze alimentari; parere già espresso in un loro convegno del 2005 sullo stesso tema.
Siamo rimasti fortemente perplessi, ma abbiamo finalmente trovato la soluzione al dubbio che ci assillava durante la “due giorni” di Londra in cui abbiamo seguito la conferenza della WCRF su alimentazione e cancro. Noi ci domandavamo dove fossero finiti tutti i colleghi italiani che sono soliti discutere di alimentazione sulle riviste più varie (c’erano in tutto 5 medici italiani, presenti per lo più a titolo personale). Visto che si trattavano temi fondamentali per la impostazione individuale e sociale dell’alimentazione mondiale per i prossimi 10 anni, visto che i dati presentati parlavano della possibilità di ridurre di oltre 1/3 le morti per cancro, ci sarebbe sembrato utile che qualche Specialista Italiano in Scienza dell’Alimentazione fosse stato presente. Magari anche più di uno. Ma erano evidentemente impegnati in altre vicende.
Per carità, riconosciamo a chiunque la piena liceità di frequentare solo i convegni che preferisce, ma dobbiamo dire che in questo convegno di Londra si è parlato di un tale numero di morti evitabili con sole scelte alimentari, da farci personalmente ritenere necessario mollare tutti gli impegni milanesi ed essere là per apprendere e potere ritrasmettere questi dati al nostro pubblico.
E là abbiamo anche scoperto che alcuni ricercatori internazionali della WCRF stanno apertamente parlando del fatto che la attivazione della infiammazione causata dalla ingestione del cibo, e quindi la presenza delle citochine derivanti dal rapporto tra intestino e cibo, è in grado di partecipare alla induzione delle forme tumorali (un po’ come dire che le allergie alimentari ritardate, cioè le intolleranze alimentari, potrebbero contribuire alla induzione di forme tumorali).
Significa che c’è un fenomeno infiammatorio alimentare, percepito dai pazienti, negato da molti accademici, e di cui invece “gli intollerologi” parlano da anni, che deve essere meglio definito e capito, ma c’è. Sappiamo anche che la diagnostica di una intolleranza alimentare è ancora oggi affidata a test non convenzionali, che hanno però il pregio di leggere una realtà clinica (anche se ancora in modo imperfetto) e di fornire al medico o al terapeuta delle possibili soluzioni cliniche. A poco serve mettersi sul proprio piedistallo solo per giudicare chi cerca di “sporcarsi le mani” nella realtà pratica.
Noi saremmo lieti di avere al nostro fianco gli Specialisti in Scienza dell’Alimentazione, ma questi non si pongono neanche il problema del fatto che sta nascendo un nuovo ciclo di consapevolezza scientifica, e che stanno rischiando di perdere un treno che passa una volta sola. Da solo qualche settimana è stato chiarito che le allergie hanno in realtà almeno 2 vie diverse di attivazione. E una di queste, la via alternativa, fa sì che qualsiasi diagnosi fatta finora con i metodi tradizionali sia, nella migliore delle ipotesi, incompleta e probabilmente falsa.
I nostri colleghi potrebbero riflettere sul fatto che l’obesità è riconosciuta oggi come il più importante fattore di induzione tumorale esistente. Dovrebbero inoltre sapere della recente scoperta della presenza nel tessuto adiposo, di mastociti (cellule connesse alla allergia) che quando si attivano determinano insulino resistenza e ingrassamento. Dovrebbero ragionare sul ruolo importante della infiammazione allergica da cibo nel determinare obesità e quindi favorire malattie cardiovasolari e cancro.
E allora? Un qualsiasi boy-scout (mi si perdoni la similitudine “buona”: anch’io sono stato un boy-scout) si metterebbe immediatamente a cercare di capire il fenomeno. Con la possibilità di capire una strada diversa che determina ingrassamento, con la possibilità di studiare delle forme di allergia diverse che fino ad oggi non erano note, un ricercatore boy-scout non si lascerebbe sfuggire l’occasione e si metterebbe finanche a scavare nella terra pur di cercare di tirare fuori anche un solo pezzettino di verità in più.
E’ quello che noi stiamo facendo: ci sporchiamo un po’ le mani in qualcosa che forse non sarà perfetto, ma almeno risponde alla percezione globale della gente, risponde ad un bisogno diffuso di comprendere una alimentazione che vada al di là del puro conteggio delle calorie, e che ci mette in prima fila nella ricerca di soluzioni per contrastare la genesi tumorale e l’obesità (giusto per toccare i temi di competenza degli Specialisti di cui sopra). A noi non sembra poco.
Il fatto di avere a fianco colleghi che fanno solo ostruzionismo e che si staccano dalla realtà clinica in nome della scienza, semplicemente perchè sembrano rifiutarsi di approfondire le nuove conoscenze scientifiche che sono oggi invece a disposizione (come detto nell’articolo di pochi giorni fa), ci rende un po’ tristi e perplessi sul senso della cooperazione medica, ma non ci impedisce di proseguire fiduciosi verso un futuro di maggiore chiarezza, illuminato per fortuna già oggi dai molti successi ottenuti e dalle conferme, almeno in ambito internazionale, che si sia sulla giusta strada di ricerca.
Dottor Attilio Speciani , immunologo e allergologo clinico