Mangiare le emozioni: perché non si è soli e cosa si può fare
A volte le nostre emozioni possono dare “il via libera” alla ricerca di cibo. Facciamo alcuni esempi: sono arrabbiato per l’esito di una riunione di lavoro e tendo a mangiare più cioccolato del dovuto, vengo preso in giro dai miei compagni di classe e ho la tendenza a rifugiarmi alle macchinette automatiche nei corridoi, mi sento sola e triste e apro il barattolo di crema spalmabile sul divano (con un film drammatico di sottofondo), ho paura di affrontare l’esame universitario e vado al supermercato a comprare biscotti.
Usare il cibo per gestire uno stato emotivo è quasi “automatico”. A chi piace stare con emozioni che “non ci piacciono” (come rabbia, tristezza, paura)? A nessuno… proprio per questo, siamo naturalmente portati a cercare di stare meglio.
Peccato che rifugiarsi nel cibo sulla scia delle emozioni fa stare meglio solo a breve termine (stiamo bene in quel momento ma senza risolvere il problema) e, se accade con regolarità, può condurre ad un abbassamento del benessere psico-fisico generale (Della Grave et al., 2013).
Il meccanismo è spesso aggravato dalla ricerca in questi casi di cibo spazzatura piuttosto che di metodi nutrizionali che potrebbero esserci almeno in parte di supporto.
Quando siamo “travolti” da queste emozioni solitamente non ne siamo consapevoli, e tendiamo a lasciare che siano loro a scegliere per noi cosa fare in quel momento (come appunto, rifugiarci nel cibo). È un po’ come essere il capitano di una nave durante una forte tempesta, si fatica a tenere saldo il timone e le onde ci spostano e ci fanno ballare.
Cosa fare? Per affrontare questa situazione è utile l’intervento multidisciplinare di esperti. Nel centro SMA in cui lavoro a Milano il medico, il nutrizionista e lo psicoterapeuta possono aiutare nel prenderci cura sia del nostro corpo che della nostra mente.
Per quanto riguarda in particolare la Psicoterapia, molte sono le evidenze scientifiche a supporto dell’approccio Cognitivo-Comportamentale in queste situazioni.
Il primo passo, necessario per riprendere il timone della nostra nave quando le onde pericolose delle emozioni minacciano la navigazione, è aumentare la nostra consapevolezza, cioè essere maggiormente in grado di riconoscere le nostre emozioni proprio nel momento in cui le stiamo vivendo. Questo è ciò che accade esercitando la mindfulness. Senza questa consapevolezza è più probabile incorrere in abbuffate compulsive per regolare gli stati emotivi non desiderati (Kristeller et al., 2010).
Inoltre, la psicoterapia può aiutarci nel trovare modi alternativi per relazionarci con le emozioni e fare i conti in modo più funzionale con il reale motivo del nostro disagio o discomfort. Spesso non ci è possibile modificare l’intensità della tempesta… ma anche le onde più grosse fanno meno paura quando sappiamo come affrontarle.
Referenze
Dalle Grave R., Calugi S., Conti M., Doll H. & Fairburn C.G. (2013). Inpatient cognitive behaviour therapy for anorexia nervosa: A randomized controlled trial. Psychotherapy and Psychosomatics, 82(6), 390-398.
Kristeller J.L. & Wolever R.Q. (2010). Mindfulness-based eating awareness training for treating binge eating disorder: the conceptual foundation. Eating disorders, 19(1), 49-61.