È possibile accettare le nostre difficoltà e fragilità? L’autocompassione come chiave per il nostro benessere

29 Settembre 2022
È possibile accettare le nostre difficoltà e fragilità? L’autocompassione come chiave per il nostro benessere

Quante volte ci diciamo frasi come “non sono abbastanza”, “devo migliorarmi sempre”, “avrei dovuto fare di più”? Nella nostra cultura l’orientamento alla competizione e alla performance è un forte motore sociale che però spesso può spingere ad autovalutarci in base alle prestazioni e a confrontarci con i risultati degli altri.

Può succedere che ci si trovi alla ricerca della perfezione e ci si senta schiacciati dal senso di colpa di fronte ai nostri errori. In questi casi è così impossibile mollare le armi della guerra con noi stessi e prenderci per quel che siamo? Difficile forse sì… ma non impossibile!

La psicologia ci aiuta mediante un approccio innovativo e basato sulle più recenti evidenze scientifiche che prende il nome di Compassion Focused Therapy (Gilbert, 2005). 

La compassione per se stessi non è un concetto passivo, anzi al contrario. Essere compassionevoli con se stessi, cosa che a quanto pare al genere umano risulta non proprio semplice, implica in primis essere in connessione con sé e con le proprie difficoltà, unita all’accettazione della fragilità umana in quanto condizione imprescindibile della nostra specie.

Uno dei modi in cui possiamo approcciarci a questa visione è mediante la Mindfulness. Questa semplice e preziosa pratica ci consente di accogliere sia pregi che difetti della nostra persona, guardando alla sofferenza e al nostro severissimo giudice interno come due dimensioni che possono convivere con noi, senza doverci per forza influenzare. Vi sembra impossibile? Vi invito a provare!

Prendiamo ad esempio una persona che vive una forte autocritica (“non sono magra/o abbastanza”, “non sono brava/o abbastanza”) unita a comportamenti orientati al controllo (come ad esempio restrizione alimentare, dedizione ossessiva al lavoro, pratica dello sport eccessiva). Falsamente, potrà credere che l’autocritica possa spronarla/o a essere migliore e raggiungere tutti i suoi obiettivi.

La letteratura scientifica è densa di studi che dimostrano come l’autocritica e la scarsa flessibilità psicologica alimentano la sofferenza delle persone e diminuiscono le nostre possibilità di crescita (Neff, 2003). Avere un rapporto gentile e compassionevole con noi stessi, al contrario, facilita l’accettazione delle difficoltà, favorisce il supporto e interrompe i sensi di colpa che causano sofferenza e chiusura in noi stessi. 

Uno degli ambiti in cui la Self-Compassion può giocare un ruolo chiave è quello della lotta per l’accettazione del proprio corpo. Arriviamo persino ad auto sabotarci se non ci vediamo allo specchio come crediamo di dover essere!

Ad esempio, mangiare “senza pensieri” al buffet di una festa può innescare in alcuni di noi un dialogo interno come questo: “non posso credere di aver mangiato così tanto… sono una causa persa… tanto vale continuare a mangiare visto che faccio schifo”. Si attiva così un circolo vizioso che porta facilmente ad abbuffate di cibo e successive condotte di restrizione/espulsione, sensi di colpa e sofferenza psicologica.

In questi casi percorsi basati sulla Self-Compassion ci aiutano a perdonarci per le ricadute della dieta, ad accettare le “altalene” emotive e quelle relative alle nostre voglie alimentari, e a goderci la vita in pieno rispetto di ciò a cui diamo realmente valore, come appunto il nostro benessere psico-fisico.

Avere compassione per noi stessi in situazioni di Disturbo Alimentare significa imparare a non utilizzare il cibo come soluzione per sentirci meglio. Lo psicologo è la figura che può accompagnarci in questo viaggio verso la scoperta di un nuovo rapporto con noi stessi.

Presso il Centro SMA è possibile trovare supporto psicologico specializzato in Psicologia Cognitivo-Comportamentale e Self-Compassion, e un team di esperti della salute pronti ad accogliere le tue necessità.

Bibliografia

Neff K. (2003). Self-compassion: An alternative conceptualization of a healthy attitude towards oneself. Self and Identity, 2, 85-101.