Chetogenica e controllo degli zuccheri migliorano anche la dissociazione mentale

10 Marzo 2025
Chetogenica e controllo degli zuccheri migliorano anche la dissociazione mentale

Una interessante ricerca pubblicata nel Maggio 2024 su Psichiatry Research ha evidenziato che il trattamento di un gruppo di soggetti con diagnosi di schizofrenia o di disturbo bipolare, tutti in trattamento farmacologico, con una dieta ad alto tenore di grassi e basso valore di carboidrati (una sorta di chetogenica) proseguita per 4 mesi, ha ottenuto degli importanti miglioramenti.

In particolare si è notata la riduzione della sindrome metabolica (ipertensione, iperuricemia, aumento dei trigliceridi, iperglicemia, aumento circonferenza addominale e sovrappeso) affiancata però anche da una netta riduzione delle scale di valutazione della dissociazione psichica. 

La variazione metabolica (che fosse indotta dai farmaci o dalla malattia stessa) ha comunque portato alla riduzione del disturbo psichico.

I soggetti con diagnosi di schizofrenia hanno evidenziato un miglioramento del 32% sulle scale di valutazione della malattia e il 70% delle persone con disturbo bipolare hanno visto un significativo miglioramento della malattia. 

Chi pensa che gli stati psichici alterati (come la schizofrenia o la dissociazione) dipendano solo da eventi emozionali perde la possibilità di generare cambiamenti e guarigione attraverso la variazione dell'equilibrio biochimico e metabolico indotto dalla alimentazione pesonalizzata.

Questo lavoro va quindi a riconfermare le importanti relazioni tra controllo degli zuccheri, controllo del metabolismo e sintomatologia psichiatrica. 

In un precedente articolo già discusso su Eurosalus, abbiamo spiegato che già nel 2023 Medscape aveva pubblicto il lavoro di revisione di due ricercatori (uno statunitense e uno australiano) riproponendo le relazioni più note e conosciute tra disturbi psichici e alimentazione, come quelli legati all’abuso di grassi vegetali idrogenati tipico della popolazione USA, che caratterizzano il diverso livello di depressione tra statunitensi e spagnoli.

Ma ancora più interessante è la ricerca australiana pubblicata su PLoS One che ha documentato che anche solo un intervento dietetico di breve durata (tre settimane) può cambiare in modo significativo il livello dei sintomi depressivi anche nei giovani adulti.

Lo stesso tema si pone anche per le differenze nelle manifestazioni psichiche legate all’effetto di attivazione della depressione dovuto al consumo di alimenti ultra processati o ultra raffinati (UPF) e i ricercatori hanno confermato questi dati pubblicando nel giugno 2022 su Nutrients i risultati del loro studio

Il maggiore utilizzo di prodotti super raffinati (che arrivano fino al 76% della alimentazione usuale) è proporzionale all’aumento di ansia e depressione. 

Questo non significa che non si deve assumere zucchero (o alcol o frutta o miele o dolci della nonna), ma che gli effetti individuali vanno misurati. 

La depressione e l’ansia sono diffusissime e a fronte di questo tipo di episodi diventa fondamentale non fermarsi alla sola analisi psichica ma affrontare anche la condizione metabolica biochimica spesso dovuta ad un eccesso di carboidrati o di zuccheri e questi aspetti riguardano anche il declino cognitivo e l’Alzheimer, oltre alla dissociazione psichica (ancora spesso definita schizofrenia).

Conoscere il proprio livello di metilgliossale e capire in anticipo se il proprio organismo ha elevati livelli di glicazione, consente a ogni persona di attivare in tempo una giusta prevenzione della evoluzione verso la degenerazione neuronale e verso l’accentuazione o lo sviluppo di sintomi psichici anche severi.

Si deve comprendere, quindi, quale sia il livello individuale di glicazione per scegliere un programma nutrizionale personalizzato che moduli la quantità giornaliera di zucchero, di alcol e di frutta per rientrare in una condizione di normalità ed evitare la degenerazione cerebrale. 

Se, come nel mio caso personale, la genetica evidenzia una predisposizione diabetica, è necessario misurare con una certa frequenza i valori di Metilgliossale e di Albumina glicata (le stesse sostanze evidenziate dal test PerMè o dal Glyco Test) per capire se “individualmente” sto assumendo troppe sostanze dolci o dolcificate e se il mio organismo è in grado di smaltirle adeguatamente.

Per questo motivo, nel centro SMA in cui lavoro, tutto lo staff medico e nutrizionale personalizza comunque la nutrizione dei nostri pazienti in base ai livelli infiammatori alimentari e a quelli di glicazione per affrontare le condizioni di alterazione metabolica che non significano solo diabete e sovrappeso, ma anche ansia, depressione e stanchezza, e con tutta probabilità anche sindromi dissociative e disturbi bipolari.