Effetti utili del bere moderato. Il vino per aiutare la memoria

9 Maggio 2023
Effetti utili del bere moderato. Il vino per aiutare la memoria

Nelle settimane in cui la stampa divulgativa italiana riprendeva affermazioni completamente critiche sull’uso dell’alcol in qualsiasi forma, una delle riviste mediche più importanti del mondo (JAMA) pubblicava sul numero di febbraio 2023 del JAMA Open Network – Neurology i risultati di di una ricerca sugli effetti dell’alcol effettuata su quasi 4 milioni di persone seguite per una media di 6,3 anni.

I ricercatori Sud-Coreani hanno svolto una ricerca retrospettiva valutando il rischio effettivo di sviluppare demenza, demenza vascolare o malattia di Alzheimer, in relazione alla utilizzazione giornaliera di alcol.

Si sono definiti 4 livelli di consumo:

  • nessuno (0 g al giorno)
  • leggero (fino a 15 g al giorno)
  • moderato (tra 15 e 29,9 g al giorno)
  • pesante (uguale o maggiore di 30 g al giorno)

Oltre ai livello di consumo si sono “stratificate” le persone secondo le specifiche abitudini alimentari in:

  • non bevitori
  • persone che hanno smesso di bere
  • persone che hanno ridotto l’assunzione alcolica
  • persone che hanno continuato a bere le stesse quantità
  • persone che hanno aumentato l’assunzione alcolica quotidiana

I risultati della ricerca hanno confermato la forte azione negativa dell’assunzione elevata di alcol che porta allo sviluppo di fenomeni neurodegenerativi, declino cognitivo e demenza ma dalla analisi statistica è emerso un fatto totalmente inatteso, cioè che i non bevitori da sempre, i bevitori leggeri (fino a 15 g di alcol al giorno) e i bevitori moderati (fino a 30 g), avevano un rischio di sviluppare demenza ridotto.

Molto sorprendente anche il fatto che chi passava dalla categoria di “bevitore pesante” alla categoria di bevitore leggero o moderato (in parole povere rientrava nei limiti del buon senso e della moderazione d’uso alcolico), aveva un rischio decisamente minore di chi smettesse di bere del tutto, e che anche le persone che avevano iniziato a bere in modo leggero (passando da non bevitori a bevitori leggeri) avevano un rischio minore di chi continuava a mantenersi astemio.

Sull'uso dell'alcol c'è ancora molto da conoscere. I livelli di glicazione personali consentono di conoscere in modo preciso i suoi effetti glicanti sull'organismo e di fare quindi le giuste scelte nella sua assunzione.

È ovvio che nessuno deve interpretare questo risultato come un invito ad iniziare a bere, ma il tema è di sicuro interesse scientifico e riprende con forza il fatto che per certe patologie il vino (sicuramente preferibile ai super alcolici) e comunque l’alcol, hanno una relazione con la malattia espressa dalla cosiddetta forma a “J”. Significa che l’alcol in piccola quantità può dare benefici maggiori di quelli ottenibili dagli astemi, mentre aumentando la quantità di uso i danni vanno sicuramente in crescita esponenziale. 

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Questa riflessione ci riporta al fatto che ricercatori e ricercatrici di tutto rispetto hanno invece detto che qualsiasi consumo alcolico dovrebbe essere bandito e che il medico che non lo segnali è colpevole.

Considero questa affermazione eccessiva, anche se fa leva su alcuni dati già acquisiti sulle correlazioni tra alcol e alcune forme tumorali, sicuramente importanti ma non assolute, e questa ricerca appena descritta evidenzia alcuni aspetti legati alla differenza sull’organismo umano tra piccole quantità e quantità elevate di assunzione alcolica. Considerazione che per analogia dovrebbe essere acquisita anche parlando di forme tumorali.

Anche in queste, infatti, ci sarebbe da discutere, come abbiamo appena fatto nell’articolo “Alcol e pancreas: è lo zucchero che fa la differenza”.

Una delle relazioni che per anni è stata data per certa (alcol e tumore pancreatico), è stata messa in dubbio dal fatto che l’alcol diventa cancerogeno solo se i livelli di glicazione sono elevati.

Significa che chi ha uno stile di vita sano e livelli di glicazione misurati e controllati, potrebbe usare serenamente una moderata quantità di alcol con la quasi certezza che quella quantità apporti beneficio o almeno, comunque, non danno.

Il bello del dibattito scientifico è che è un dibattito vivo e quindi continuo a mantenere la stima nella immunologa di Padova che ha lanciato i suoi “strali” contro il vino ma so anche per certo, sulla base delle ricerche che da anni svolgo con il gruppo di ricerca di GEK Lab , che la glicazione individuale sia uno dei fattori di maggiore importanza nella lettura di queste relazioni alimentari.

Basta pensare alla steatosi epatica (NAFLD) o “fegato grasso”, che per anni è stata considerata connessa all’alimentazione grassa, e che sappiamo oggi dipendere dall’eccesso di carboidrati e di zuccheri essendo profondamente connessa con la glicazione.

In relazione all’alcol, che apprezzo nella giusta quantità e quasi solo sotto forma di vino, so perfettamente che ho dei limiti di assunzione legati alla mia predisposizione genetica (pessima) e ai livelli di glicazione che tengo costantemente monitorati attraverso il Glyco Test o il test PerMè. Se i miei livelli di Metilgliossale e di Albumina glicata si muovono verso l’alto so perfettamente che il mio limite è superato e prendo tutti i provvedimenti utili, mentre la stabilità di questi livelli mi tranquillizza sull’uso moderato del vino nel piacere della convivialità condivisa.