Declino cognitivo: quando l’alimentazione e l’allenamento sono un binomio vincente
Anche il cervello, così come tutti gli altri organi del corpo, subisce un processo di rallentamento, definito fisiologico.
È possibile, infatti, andare incontro a una riduzione dell’efficienza di alcune funzioni cognitive come la memoria, l’attenzione, il ragionamento e l’apprendimento.
Può succedere tuttavia che al fisiologico declino cognitivo si aggiungano processi cerebrali degenerativi ulteriori e che si discostino dall’aspetto fisiologico, entrando invece nella sfera del patologico.
Questo è quello che accade ad esempio nella demenza, la quale è rappresentata da un decadimento cronico e progressivo e che va a compromettere a lungo termine la capacità della persona di condurre una vita autonoma.
In entrambe le forme, fisiologico e patologico, il rallentamento cognitivo ha pur sempre un’eziologia multifattoriale. Tra questi vi sono sia fattori genetici che ambientali e sebbene alcune varianti genetiche possano predisporre ad aumentare il rischio di demenza o declino cognitivo, sono sempre da considerarsi in interazione con i fattori ambientali.
Proprio per questo motivo, lo stile di vita gioca un ruolo essenziale nel ridurre la probabilità di sviluppare tali patologie e/o ritardare il fisiologico invecchiamento cerebrale. Questo risulta ancora più importante considerando che non esistono trattamenti definitivi e pertanto la prevenzione rappresenta ad oggi una strategia indispensabile.
Come prevenire con l’alimentazione? In ambito nutrizionale esistono nutrienti che possono aiutare e comportamenti alimentari che possono contribuire al danneggiamento cerebrale.
Ma quali sono i nutrienti amici del cervello?
Acidi grassi omega 3. Gli acidi grassi omega 3 sono fondamentali per la salute cerebrale poiché componenti strutturali delle membrane cellulari e ne sostengono la funzione cognitiva. Studi epidemiologici hanno suggerito che un’alta assunzione di omega-3 può ridurre il rischio di sviluppare disturbi cognitivi come la demenza e l’Alzheimer. Sembrano inoltre migliorare la memoria e l’attenzione. Via libera quindi a pesci “grassi” come salmone, sardine, aringhe e tonno o a semi oleosi come noci e semi di lino.
Antiossidanti. Le sostanze antiossidanti svolgono un ruolo importante perché spesso il declino cognitivo è stato associato a un fenomeno di stress ossidativo che può nel tempo danneggiare le cellule cerebrali. Aiutano quindi a contrastare lo stress ossidativo neutralizzando i radicali liberi e quindi preservando la struttura e la funzione neuronale. Inoltre, alcuni antiossidanti come i flavonoidi possono migliorare il flusso sanguigno al cervello che rende disponibile una maggiore fornitura di ossigeno e nutrienti allo stesso. Inserire quindi frutta e verdura fresca e cruda e ogni tanto del cioccolato (il più possibile fondente) è una strategia vincente.
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Cereali integrali. Oltre ad avere un indice glicemico inferiore alla controparte raffinata e quindi meno zuccheri (che vedremo tra poco essere fondamentale per rallentare il declino cognitivo), i cereali integrali sono più ricchi di vitamine in particolare del gruppo B come la Tiamina e la B12 che sembrano avere un ruolo nel facilitare il flusso di sangue al cervello e quindi di nutrienti. Inoltre, la Vitamina B12 aiuta la formazione della mielina che riveste le fibre nervose oltre ad essere coinvolta nel metabolismo dell’omocisteina, un aminoacido che, quando è presente in elevate concentrazioni, è stato associato a un maggiore rischio di deterioramento cognitivo. Via libera quindi a proteine come carne, pesce e uova, ma anche latticini, ricchi di vitamine del gruppo B.
Magnesio. Il magnesio è un minerale essenziale che svolge un ruolo nel mantenimento della funzione cerebrale. È coinvolto nella trasmissione degli impulsi nervosi e nella regolazione della plasticità sinaptica. Alimenti ricchi di magnesio includono noci, semi, legumi, verdure a foglia verde scuro, cioccolato fondente e pesce.
Attività fisica. Seppur non sia un vero e proprio nutriente, l’esercizio fisico è stato oggetto di numerosi lavori scientifici che hanno comunque evidenziato che circa il 3% di tutti i casi di demenza potrebbe essere prevenuto aumentando i livelli di attività fisica. In un’mpia metanalisi, livelli di attività fisica più elevati sono stati associati a una significativa riduzione dell’insorgenza della demenza in modo lineare dose-risposta. Nelle persone invece già affette da demenza, sembra che l’attività fisica possa migliorare la cognizione generale, in quanto l’esercizio fisico sembra aumentare la neurogenesi e la plasticità sinaptica nei modelli animali.
Dall’altra parte comportamenti alimentari “errati” possono contribuire a peggiorare il quadro cognitivo.
Infatti, la relazione tra l’assunzione di zuccheri e il declino cognitivo è un argomento che ha attirato l’attenzione della ricerca scientifica negli ultimi anni. Le evidenze suggeriscono che un’elevata assunzione di zuccheri semplici e/o raffinati potrebbe essere associata a un aumento del rischio di declino cognitivo e malattie come l’Alzheimer.
Tra le evidenze scientifiche è emerso che le diete ricche di carboidrati aumentano il rischio di demenza dell’89%, mentre le diete più ricche di grassi e proteine lo abbassano del 44%. Questa connessione è confermata anche da uno studio longitudinale dove più di 5.000 pazienti sono stati seguiti per un decennio e i risultati hanno dimostrato che maggiore è la glicemia di un individuo, più veloce è il suo tasso di declino cognitivo.
A supporto moltissimi lavori scientifici hanno descritto la positiva correlazione tra alimentazione e attività fisica e rallentamento del declino cognitivo.
Tra questi lo studio FINGER è stato fra i primi trial clinici a dimostrare l’efficacia di un approccio su ampio spettro che comprendeva dieta, esercizio fisico e stimolazione cognitiva. Rispetto al gruppo di controllo, il gruppo sottoposto al protocollo di intervento ha mostrato una significativa riduzione del declino cognitivo, e quindi una riduzione del rischio di progressione a demenza, per i successivi due anni.
Ulteriori studi hanno dimostrato come non sia mai troppo tardi per iniziare questi approcci non-farmacologici, evidenziando come si possa rallentare la progressione anche una volta che si siano evidenziati i primi segni di decadimento cognitivo.
Nel centro SMA in cui lavoro, l’esecuzione di test quali Glyco test, che aiuta a controllare e personalizzare gli zuccheri, è una scelta vincente nel caso in cui si voglia rallentare il proprio declino cognitivo e invecchiare “bene”.
Sapere quanti zuccheri si possono consumare in base ai propri livelli di metilgliossale e albumina glicata è fondamentale per godersi i dolci in totale serenità.
Concludendo, se da un lato lo scopo sarà quello di trovare il farmaco più adatto e specifico per ogni forma di declino cognitivo, dall’altro si sta dimostrando come gli interventi quali dieta e attività fisica agiscano con un approccio che sembra essere efficace per tutte le cause di decadimento cognitivo.