Confuso o smemorato? Attento agli zuccheri!
Un numero sempre più significativo di persone presentano malattie neurodegenerative e sintomi correlati al declino cognitivo. Molto spesso in queste persone sono evidenti anche importanti alterazioni dello stato nutrizionale.
Negli ultimi anni ci sono diverse evidenze scientifiche che mettono in luce relazioni sempre più strette tra salute cerebrale e metabolismo.
Persone obese o in sovrappeso risultano frequentemente “più confuse e smemorate”. In alcuni studi sperimentali si dimostra come alcune funzioni cerebrali siano alterate proprio dall’eccesso di peso. Sebbene studi epidemiologici più ampi siano necessari per stabilire correttamente il nesso, l’iperalimentazione e l’obesità possono complicare un quadro neurologico già compromesso andando certamente a creare un ambiente ancora più ostile nel cervello, che accelera il processo neurodegenerativo.
Per questo motivo tornare al giusto peso corporeo dando il giusto valore alla componente proteica quotidiana può risultare fondamentale per rallentare il declino cognitivo.
Da un punto di vista metabolico, le conseguenze di un carico eccessivo di zucchero semplici e di piatti troppo sbilanciati a sfavore di carboidrati raffinati sono ben note. Il corpo per poter gestire il troppo zucchero risponde con una massiccia stimolazione insulinica e infiammatoria. I frequenti alti e bassi di zucchero, come quelli indotti da ripetuti caffè zuccherati, colazioni ricche di frutta e biscotti, snack a base di merendine o croissant, o aperitivi a base di prosecco, patatine e focaccia creano “danni da zucchero” che permangono come vere e proprie “impronte” nell’organismo.
Lo studio di molecole come il metilgliossale e l’albumina glicata in test innovativi come il PerMè Test o il Glyco Test, ad esempio, permette di verificare se sono presenti nell’individuo eccessivi “picchi glicemici” e suggerisce un intervento dietetico mirato e personalizzato per riequilibrare questo andamento.
Uno studio recentissimo (giugno 2021) ha messo in evidenza come i pazienti affetti da Parkinson tendano ad avere una maggior propensione verso il consumo di dolci, caramelle, bevande zuccherate, cioccolatini miele e marmellate. Chi riporta questi “impulsi incontrollati” nei confronti degli zuccheri soffre anche di maggiori sbalzi d’umore, dolori cronici, di costipazione, e richiede maggiori quantità di farmaci per controllare i sintomi. Questi pazienti sono molto spesso dei veri e propri “cercatori di zucchero”, anche in modo non sempre consapevole.
Una delle strategie che può essere messa in atto fin da subito è il cambio della colazione. Spostare l’attenzione da una colazione dolce, a base di fette biscottate e marmellata o latte e biscotti, ad una “salata” può rappresentare la prima strategia. Per questo motivo si consiglia di cominciare la giornata con il corretto apporto di carboidrati complessi, proteine sane, grassi buoni e una buona dose vegetale. Una colazione con pane integrale, insalata di spinaci, uova strapazzate e tisana senza zucchero oppure a base di farinata di ceci, avocado, insalata di finocchi e salmone potrebbe già essere il primo passo per “tagliare” sul sapore dolce.
Talvolta la gestione del paziente parkinsoniano può essere più complessa perché alcuni farmaci potrebbero interagire con un pasto troppo ricco di proteine. Un monitoraggio attento e una corretta distribuzione delle proteine anche attraverso l’utilizzo di supplementi specifici in momenti opportuni della giornata potrà prevenire la perdita di massa muscolare e migliorare la qualità di vita dei pazienti.
I pazienti con problematiche neurodegenerative a causa della diminuita attività motoria caratteristica della malattia, senza un adeguato controllo alimentare possono anche presentare una progressiva perdita di massa muscolare e un aumento della massa grassa. Per questo motivo è fondamentale incentivare una riabilitazione e una attività fisica adatta e personalizzata per il singolo paziente.
Una alimentazione adeguata, il corretto movimento e una gestione attenta della sfera emotiva anche attraverso l’aiuto di figure professionali adeguate può certamente essere il primo passo per prevenire o rallentare la progressione di queste malattie.
Quando arriva una diagnosi di una grave malattia come quella di una malattia neurodegenerativa, è difficile non lasciarsi prendere dallo sconforto e dalla paura. Tuttavia, qualunque siano la prognosi e le prospettive di trattamento, è importante reagire ed affrontare il percorso da diversi punti di vista. È dimostrato ad esempio che per rispondere al meglio alle terapie, lo stile di vita, il movimento, il benessere psicologico e emotivo, una alimentazione attenta possono fare la differenza. Il centro SMA in cui lavoro, grazie all’integrazione delle diverse professionalità e la collaborazione con centri di ricerca d’élite, permette una miglior gestione dei pazienti affetti da queste e altre malattie cronico-degenerative.