Alzheimer, zucchero e AGEs. Quando si perde la memoria per i nomi
All’inizio della pandemia da SARS CoV-2, la perdita dell’olfatto come possibile sintomo di esordio del Covid19, ha obbligato i ricercatori ad indagare come il virus entrasse in contatto con il tessuto nervoso e quali fossero le sue possibili conseguenze. Si è scoperto che l’ingresso nelle cellule nervose (neuroinvasione) e la lesione distruttiva di molti neuroni (neurodegenerazione) erano legati anche alla attivazione dei processi di glicazione cioè alla presenza di sostanze zuccherine che rendono possibile l’azione del virus.
È bene ricordarsi che il nervo olfattivo è posto a solo qualche millimetro di distanza dai lobi frontali del cervello e che purtroppo tra i possibili effetti del post Covid (che su Eurosalus abbiamo descritto già nel luglio 2020) c’è sicuramente da aspettarsi un incremento dei casi di Alzheimer e di Parkinson, legati alla neurodegenerazione.
In un lavoro pubblicato nel febbraio 2020 sulla prestigiosa rivista Cells, si è visto che la presenza di sostanze glicanti, come la HMGB1 (che si misura quasi solo “in vitro”) e il MGO (metilgliossale, facilmente misurabile in vivo con il Glyco Test) sono causa e concausa della neurodegenerazione e della formazione di grovigli neuronali che facilitano il declino cognitivo e la demenza (Paudel YN et al, Cells 2020, 9(2), 383; https://doi.org/10.3390/cells9020383). In particolare, la figura presentata all’interno dell’articolo sulla azione delle sostanze glicanti è di fortissimo impatto per capire come proprio per l’eccesso delle sostanze legate alla assunzione di zuccheri nascosti (glucosio, fruttosio, alcol e polioli) si possa arrivare a indurre malattie di questo tipo (Alzheimer e Parkinson).
La ricerca neurologica sulla demenza è stata stimolata dalla comparsa del Covid e sono stati capiti meccanismi prima non chiari, addirittura evidenziando che, al di là della perdita del gusto e dell’olfatto, anche il delirio e la confusione mentale (aspetti correlati al sistema nervoso centrale) erano possibili sintomi di esordio del COVID-19.
La neuroimmunologia ha chiarito che una volta attivato il processo infiammatorio dovuto anche alla glicazione, questo può iniziare a determinare la formazione di “grovigli neuronali” corresponsabili di Alzheimer e Parkinson, condizioni da controllare in futuro sia per chiunque sia passato in mezzo al Covid sia per chi inizi a perdere la memoria, cominciando magari dai nomi.
La prevenzione di questi aspetti è molto più importante della cura tardiva. Già oggi si è compreso che il sistema nervoso centrale è sicuramente coinvolto nel declino cognitivo assieme al sistema immunitario e che la aumentata permeabilità intestinale e la alterazione del metabolismo energetico sono condizioni favorenti le patologie future. Conoscendo le condizioni di glicazione si hanno in mano gli strumenti per affrontare la stanchezza e l’affaticamento mentale e per prevenire le possibili evoluzioni future di declino cognitivo.
Ormai sono davvero tanti i ricercatori che, come noi, parlano dell’Alzheimer e di alcune forme di demenza come della terza forma di diabete (Diabete tipo 3), legato quindi a una alterazione del metabolismo degli zuccheri.
Uno studio giapponese pubblicato sullo European Journal of Neurology, effettuato su diabetici, fin dal 2015 ha rivelato che il deficit di memoria è dovuto proprio allo scarso controllo dello zucchero e alla aumentata resistenza insulinica (Hishikawa N et al, Eur J Neurol. 2014 Sep 15. doi: 10.1111/ene.12568. [Epub ahead of print]), tenendo presente che la resistenza insulinica può peggiorare anche per effetto dell’infiammazione.
Lo studio dei ricercatori dell’Università di Okayama tranquillizza sul fatto che i difetti di orientamento e di attenzione sono propri dell’età, dipendono cioè dall’invecchiamento in tutti, ma ribadisce che l’alterazione della memoria per i nomi e della componente affettiva della memoria sono invece dovuti all’alterazione del metabolismo degli zuccheri.
Testualmente i ricercatori spiegano che uno scarso controllo dell’emoglobina glicata è associata ad un declino nelle scale di valutazione del calcolo mentre la resistenza insulinica (tipicamente espressa dall’aumento di peso e dalla forma corporea “a tronco”) è associata alla perdita di memoria per i nomi delle persone e delle cose.
Una volta capito che lo zucchero gratifica, ma fa dimenticare un po’ troppo, diventa importante rilevare quanto siano importanti per il tessuto nervoso le sostanze glicosilate (descritte in inglese come “AGEs”, iniziali di Advanced Glycation End-products) che ne regolano la crescita e influenzano negativamente la plasticità neuronale, cioè anche la capacità di trovare circuiti collaterali cerebrali quando alcuni non sono più efficienti e validi.
Già nel 2014, uno studio tedesco pubblicato su PLoS One ha documentato appunto che la produzione di queste sostanze glicosilate, la cui presenza è in parte fisiologica, ma cresce in proporzione al glucosio presente nell’organismo, interferisce pesantemente con lo sviluppo e con la crescita neuronale, ma soprattutto con la sua plasticità, cioè con la capacità di adattamento dei neuroni al danno subito (Bennmann D et al, PLoS One. 2014 Nov 11;9(11):e112115. doi: 10.1371/journal.pone.0112115. eCollection 2014).
E nel 2013 una ricerca effettuata da un gruppo statunitense e svedese, e pubblicata nel mese di agosto sul New England Journal of Medicine ha confermato una relazione stretta tra i valori di glicemia, anche solo mossi, e lo sviluppo di demenza (Crane PK et al, N Engl J Med. 2013 Aug 8;369(6):540-8. doi: 10.1056/NEJMoa1215740). In una popolazione di oltre 2.000 persone (con età media di 76 anni) sono stati messi in relazione i valori di glicemia e di emoglobina glicata dei precedenti 5 anni, con il reale sviluppo di demenza e Alzheimer.
L’intero gruppo è stato seguito per circa 7 anni e la comparsa di demenza ha riguardato 74 persone dei diabetici (il 32% del gruppo, composto da 232 soggetti) e 450 persone dei non diabetici (il 24% del gruppo, composto da 1835 soggetti). Nel gruppo di persone non diabetiche, anche il solo aumento della glicemia a valori medi di 115 mg/dL, corrispondeva a un significativo aumento del rischio di sviluppare demenza rispetto a chi avesse, ad esempio, valori medi di 100. E nei diabetici quanto più era elevato il livello medio di glicemia tanto più tendeva a manifestarsi il deficit di memoria.
Oggi sappiamo che la misurazione della sola glicemia a digiuno e della emoglobina glicata, utili per seguire il diabete riconosciuto, non sono in grado di identificare i danni da zucchero che li precedono e di segnalare il prediabete. Per misurare i danni da zuccheri in anticipo è indispensabile basarsi sulle valutazioni di albumina glicata e di Metilgliossale.
Le sostanze glicosilate e glicate agiscono come veleni cellulari, tanto che alcuni le chiamano glicotossine e la progressione della ricerca ha evidenziato con certezza il loro ruolo nel processo di degenerazione neuronale.
Il primo strumento a disposizione per evitare questi aspetti è il controllo dei livelli infiammatori dovuti a zuccheri e alimenti (il Test PerMè e il Glyco Test possono aiutare in questo) per evitare o almeno ridurre l’attivazione a cascata dei processi infiammatori e degenerativi favoriti dalla interazione tra glicazione e attivazione delle citochine (BAFF, PAF, TNF-alfa, Interleuchina 6) e glicotossine come la HMGB1.
In futuro avremo anche una conoscenza più approfondita sul ruolo di ogni singolo zucchero (e quando parliamo di “zuccheri” ci riferiamo a glucosio, fruttosio, alcol e polioli).
Già ora sappiamo, dagli studi effettuati sui batteri (Afroz T et al, Mol Microbiol. 2014 Sep;93(6):1093-103. doi: 10.1111/mmi.12695. Epub 2014 Jul 16), che gli effetti di alcuni zuccheri sono di tipo “tutto o niente”, altri di tipo uniforme e altri di tipo complesso.
L’eccesso di uno zucchero specifico può determinare effetti di profonda alterazione della risposta metabolica. È molto interessante notare che una volta che si sia alterato il metabolismo, anche altri segnali infiammatori possono attivare lo stesso tipo di reazione, anche in assenza dello zucchero stesso. Le persone, dopo la’ttivazione della glicazione, sono cioè predisposte a ripetere le stesse manifestazioni cliniche anche per uno stimolo diverso, come quello dovuto a una infiammazione. Questo è uno dei motivi per cui nel centro SMA in cui lavoro, tutto lo staff medico e nutrizionale personalizza comunque la nutrizione dei nostri pazienti in base ai livelli infiammatori alimentari e a quelli di glicazione.
È grazie alla rieducazione della sensibilità insulinica, ottenibile attraverso l’attività fisica, il controllo dell’infiammazione, l’utilizzo di integratori con effetti sulla regolazione zuccherina (Zerotox Inositox e Glucontrol base tra i preferiti) e una dieta adeguata, che la memoria riprende vita e i meccanismi difensivi dell’organismo, riattivati, potranno orientare la persona al recupero del benessere e della salute.
Per dimostrare, ancora una volta, che tutto è legato e che a volte con poco si può ottenere molto.