Alzheimer, i due volti della malattia
È forse una delle esperienze patologiche di demenza più note nei paesi occidentali. Il decorso della malattia può oggi essere influenzato dall’uso di farmaci specifici, particolarmente quando la diagnosi sia fatta precocemente; e se l’uso di integratori e spezie quali la curcumina, così come il controllo del proprio stile di vita e stato infiammatorio, ha evidenziato avere un ruolo nella prevenzione della patologia, la medicina tradizionale ancora non ha trovato una soluzione.
Il 12 settembre è pubblicato su Repubblica.it un articolo di dolcezza immensa. Il pezzo è curato da Judith Fox, imprenditrice e fotografa, moglie di un malato di Alzheimer. La donna, da caregiver (letteralmente donatore di attenzione), suggerisce quelle che sono state per lei le piccolo intuizioni che l’hanno aiutata a vivere meglio il decorso della malattia della persona che ama. “I Still Do, Loving and Living with Alzheimer’s” è il suo libro fotografico.
Il decorso della malattia del marito è raccontata attraverso immagini e didascalie piene di amore e presenza. Poco importa che il marito sia malato, Judith continua a guardarlo e vederlo, tramite l’obbiettivo che le permette, come confida in uno dei suoi video disponibili in rete, di toccarlo. “La macchina fotografica – dice – mi ha permesso di osservare tutto da un punto di vista diverso e di ristabilire il contatto”.
Judith ha compreso il carattere più umano della patologia, è riuscita a comprendere sé stessa dagli occhi del malato e il marito attraverso la fotocamera. “I malati di Alzheimer non mettono l’Argenteria nel frigorifero per farvi impazzire”, è scritto nell’articolo da lei curato su Repubblica.it, “sta solo tentando di dare un senso a un mondo che sfugge loro di mano”.
Attraverso le sue parole di persona che ha vissuto, diventa tutto più chiaro ed emerge un bisogno di amore profondo, di dolcezza, di comprensione, serenità, e voglia di essere insieme. Judith Fox dà pochi semplici e chiari suggerimenti che aprono un mondo a chi abbia a che fare con persone malate di questo morbo.
Sono i pensieri che le hanno permesso di vivere serenamente (per quanto possibile) la malattia del marito, e di amarlo fino alla fine e ancora (“I still do”), come dice il titolo del libro.