Alzheimer e Parkinson. Forti legami tra cibo e neurodegenerazione
Dall’inizio del 2020 ad oggi, oltre agli effetti già ben noti degli zuccheri (anche quelli nascosti) su diabete e sovrappeso, si sono aggiunti quelli sulla neurodegenerazione affiancati dalle conoscenze precise sulla relazione tra zuccheri e Covid 19, sia per quanto riguarda la contagiosità e la mortalità, sia per quanto riguarda gli effetti sulle complicanze e sul Long Covid tra cui vanno compresi anche gli effetti a lungo termine sulla memoria e sull’efficienza cerebrale.
Gli effetti degli zuccheri sull’organismo possono essere tanto piacevoli quanto drammatici. Gli esseri umani dispongono di un ormone che stimola la ricerca di zuccheri che si chiama NPY, che ha salvato l’esistenza della specie in era preistorica quando gli zuccheri erano rari e quasi introvabili. Quando li si trovava se ne faceva incetta, per acquisire il massimo possibile delle calorie.
Purtroppo, oggi la presenza negli alimenti degli zuccheri e delle sostanze assimilabili per metabolismo (a partire dal fruttosio e dalla frutta in eccesso per arrivare ai dolcificanti, all’alcol e ai polioli) è costante e ripetitiva e si deve fare “fatica” per cercare di evitarli.
Per anni ad esempio, molti prodotti industriali apparentemente “sani” (come i cereali per la prima colazione) sono stati addizionati di zuccheri solo per aumentarne la palatabilità e favorirne l’acquisto portando i cereali industriali per la prima colazione, proprio quelli che le mamme comprano credendo di fare del bene ai propri figli, ad essere inseriti nella lista dei “cibi spazzatura”.
Come anticipato, un’acquisizione scientifica recente è quella della relazione tra zuccheri e neurodegenerazione, una parola difficile che riguarda la malattia di Alzheimer e il Parkinson, oltre al declino cognitivo e alla varie forme di demenza.
Fin dal 2007 si era sospettata una relazione diretta tra l’assunzione di latticini e lo sviluppo di malattia di Parkinson, e l’articolo pubblicato sull’American Journal of Epidemiology ha dovuto aspettare oltre 10 anni per venire confutato. Il problema vero, infatti, non è certo il latte, ma l’indice glicemico dei latticini introdotti con la dieta, come l’articolo poi pubblicato su Neurology nel 2017 ha evidentemente descritto.
Non è quindi “colpa” di un singolo cibo, ma degli effetti sulla glicazione che questo o questi possono determinare.
Gli autori, tutti ricercatori della Università di Harvard, hanno rilevato che mentre l’assunzione complessiva di latticini non era associata allo sviluppo di malattia di Parkinson, l’assunzione di latticini a basso contenuto di grassi, e quindi ad alto indice glicemico, era invece significativamente correlata con la malattia. Il problema quindi non è il latte, come si riteneva nel 2007, ma l’elevato indice glicemico dei cibi utilizzati e la possibile glicazione indotta da questi.
Il fatto che emoglobina glicata e glicemia a digiuno, anche se utili per la gestione del diabete già manifesto, non consentano l’identificazione della progressione verso il diabete, è stato confermato dalle più importanti riviste mediche diabetologiche. Attraverso gli studi sulla infiammazione da zuccheri e da alimenti e le analisi di glicazione, il test PerMè consente di intercettare il prediabete con strumenti migliorativi più efficienti di qualsiasi altro esame attualmente a disposizione.
Il gruppo GEK sta infatti raccogliendo continui progressi nella sua ricerca, perfezionando lo studio della condizione infiammatoria (misurabile e documentata) correlata agli zuccheri e agli alimenti.
Una volta individuato il proprio livello di glicazione, si possono attivare i suggerimenti nutrizionali personalizzati che ne derivano. Un piacevole e istruttivo articolo della dottoressa Emiliana Tognon sulla dieta più adatta per controllare la neurodegenerazione è stato pubblicato su Eurosalus con il titolo “Confuso o smemorato? Attento agli zuccheri”.
Come e dove misurare questi biomarcatori
L’infiammazione da alimenti e da zuccheri può oggi essere misurata per arrivare ad una impostazione terapeutica personalizzata. Test PerMè (che studia insieme l’infiammazione da alimenti e da zuccheri), Recaller 2.0 (BAFF, PAF e Profilo alimentare personale) e GlycoTest (Metilgliossale, Albumina glicata e predisposizione genetica a obesità e diabete) fanno ormai parte di una possibilità diagnostica utilizzabile da chiunque abbia cura della propria salute.
Si tratta di esami che in diversi laboratori e università del mondo sono stati usati a scopo di ricerca e validati sul piano scientifico e che il nostro gruppo di lavoro è riuscito a integrare, per una valutazione anche sul sano, e rendere fruibili in modo più semplice e che consentono, soprattutto, di personalizzare le esigenze nutrizionali di ogni individuo nel rispetto delle sue caratteristiche genetiche e comportamentali.
Informazioni più approfondite su questi test si possono trovare sul sito GEK Lab che segnala in modo aggiornato le farmacie italiane e i centri che li effettuano.
L’obiettivo è mantenersi in salute e continuare a gioire individualmente e socialmente anche delle sostanze zuccherine, in modo appropriato e rispettoso del proprio personale equilibrio.