Allergie alimentari: la dieta delle nonne influisce sulle allergie dei nipoti
Volevo intitolare questo articolo “La varietà alimentare salva il sistema immunitario e non esiste un cibo nemico”, ma sarebbe sembrato troppo dogmatico e un po’ fuori dalla comprensione immediata. Invece un titolo sulle allergie alimentari mi consente di dare indicazioni pratiche molto precise e di fare una considerazione “forte” sul cibo e sulla importanza di una relazione amichevole con tutti gli alimenti.
Sono chiaramente esclusi dalla lista degli alimenti “buoni” quelli tossici, quelli coltivati malissimo, quelli ultra processati (UPF) o ultra raffinati, quelli contaminati e anche quelli cucinati male, perché mangiare con gusto e con piacere deve far parte di quell’aspetto dell’alimentazione legato al piacere e alla convivialità che arricchiscono la nostra cultura.
Ormai, dopo 44 anni che faccio il medico e mi occupo di infiammazione dovuta agli alimenti e agli zuccheri, sta capitando sempre più di frequente di leggere lavori scientifici fatti su “seconde generazioni” di persone che molti anni prima si sono sottoposte ad esperimenti e valutazioni di tipo nutrizionale, praticamente quando ero studente o giovane medico.
Il tema della dieta in gravidanza ha in passato portato a pensare che togliendo dalla dieta dell’ultimo trimestre di gravidanza alcuni alimenti, si sarebbe ottenuta nei figli una risposta meno allergizzante agli stessi alimenti eliminati dalle madri. In particolare, in una serie di ben note ricerche svedesi degli anni ’70 e ’80 si è cercato di eliminare o ridurre drasticamente, nel terzo trimestre di gravidanza, il latte con tutti i suoi possibili derivati e l’uovo.
Nella prima generazione di figlioli si vide che questa scelta non aveva portato a nessun tipo di vantaggio o svantaggio, quantomeno non evidenziabile sul piano statistico. Oggi invece, come pubblicato su Allergy nel settembre del 2022 si è visto che i nipoti (non i figli, quindi) delle donne che avevano effettuato questo tipo di esperimento hanno evidenziato comportamenti molto particolari dal punto di vista allergologico.
I nipoti delle donne che avevano tolto dalla dieta uovo e latte avevano molte più allergie alimentari a uovo e latte (31% dei bambini) di quelli delle donne che avevano mangiato di tutto (solo il 3%), confermando quindi (lo sostengo da anni insieme al gruppo di ricerca in GEK Lab) che il rapporto fisiologico di amicizia con l’energia contenuta negli alimenti va mantenuto nel tempo.
La parte straordinaria di questa ricerca è che questo tipo di attenzione ha una valenza transgenerazionale, passa cioè anche alle generazioni successive. Come per altri aspetti vitali si sta scoprendo che quello che avviene durante la gravidanza ha conseguenze non solo sui figli ma addirittura può averle anche nei nipoti (e per ora ci fermiamo lì…).
La conclusione di questa ricerca dice testualmente che l’esclusione in gravidanza di alcuni alimenti, in particolare quelli che hanno un rilevante contenuto allergenico, diventa una possibile causa di reazioni allergiche alimentari nelle generazioni successive.
Qui su Eurosalus abbiamo spesso stigmatizzato l’esclusione alimentare (indicata solo in caso di gravi allergie IgE mediate e di celiachia) spiegando che l’esclusione inutile dei cibi abituali, anche per periodi limitati (ad esempio 1-2 mesi), può portate a reazioni importanti durante la loro riassunzione, come descritto negli articoli “La follia di eliminare gli alimenti” e “Perché eliminare un alimento fa male, anche se all’inizio fa stare meglio”.
È importante trovare il corretto equilibrio tra le necessità del proprio organismo e l’assorbimento dell’energia contenuta negli alimenti, aiutati dalla valutazione della glicazione e dei livelli di infiammazione che si è capito essere concausa di una gran parte delle reazioni allergiche e simil allergiche.
Il proprio profilo alimentare, del tutto individuale, consente di spiegare perché ci siano reazioni non necessariamente legate, ad esempio, alle uova o al latte ma dipendenti dal livello di infiammazione complessivo presente nell’organismo. In questo senso, l’articolo “Né infezione né allergia: la tosse da cappuccio e brioche esiste” aiuta a capire le innovazioni scientifiche più recenti, analizzando anche la descrizione delle allergie “non mediate dalle IgE” descritte da Antonella Cianferoni, immunologa del Children Hospital di Philadelfia.
La necessità di mantenere una amichevole relazione con il massimo numero possibile di alimenti, si sta riconfermando anche rispetto all’allattamento. Al congresso annuale dell’American College of Allergy, Asthma & Immunology, tenutosi a novembre 2022, sono stati ampiamente discussi e proposti i lavori di Carina Venter, l’ultimo dei quali pubblicato sul Journal of Allergy and Clinical Immunology: in Practice nel settembre 2022, da cui emerge che durante l’allattamento quanto più è varia l’alimentazione, comprendendo anche cibi considerati di solito allergizzanti, tanto minore è la presenza di allergie (tutte, non solo alimentari) nei figlioli.
Nello stesso articolo viene spiegato che il fatto di mangiare cibi più salutari porta comunque a una riduzione delle allergie (in generale) mentre l’assunzione di cibi ultraprocessati, fritti, zuccherati e privi di fibra (succhi di frutta) ne comporta l’aumento. A riconferma di come l’aspetto individuale di infiammazione e glicazione siano determinanti nel contribuire alla manifestazione di tipo allergico.
L’azione di controllo più rilevante sulle allergie arriva comunque, sia per la madre sia per il bambino, dalla dieta varia, che comprenda tutti i possibili alimenti. Quanto più alta la varietà alimentare tanto minore la presenza di reazioni allergiche.
Ci sentiamo quindi di riprendere il motto lanciato al convegno dell’ACAAI, in cui si è detto “Let the mamas eat…” cioè “Lasciate che le madri mangino…” e pure i bambini. Cibi buoni, sani e variati, senza inutili esclusioni.