Sempre più in forma con la “connessione mente-muscolo”
Durante gli allenamenti spesso capita di essere sopraffatti dai pensieri e quindi di compiere i movimenti in maniera “automatica” senza rifletterci troppo.
Se da un lato lasciarsi trasportare dai pensieri può aiutare il rilassamento, quando si sta praticando attività sportiva è bene restare focalizzati su quello che si sta facendo.
Oltre alla alquanto ovvia motivazione di evitare infortuni o incidenti, infatti, concentrarsi sulla contrazione dei vari muscoli e sui movimenti che si stanno compiendo ha un importante risvolto sulla performance.
Durante un esercizio la nostra mente deve essere focalizzata su due pensieri: “cosa” e “come”. Questa modalità consente di sviluppare quella che viene definita “mind-muscle connection” (o “connessione mente-muscolo”): una capacità fondamentale che aumenta la propriocezione e migliora la performance.
Imparare a “sentire” i propri muscoli che si contraggono e “lavorano” consente di perfezionare la tecnica di esecuzione e migliorare in maniera esponenziale quello che è il rendimento complessivo dell’allenamento.
Come fare?
In un allenamento con i pesi, concentrandosi su quali siano i muscoli da contrarre per muovere il carico. Quello che purtroppo accade spesso è il ragionamento contrario: focalizzarsi su dove deve muoversi il peso e quindi contrarre tutti i muscoli necessari per fargli compiere quel movimento, senza curarsi che siano quello necessari all’esercizio.
Allo stesso modo, ad esempio, nuotando a stile libero è più utile concentrarsi sul movimento “a S” della mano durante la fase di spinta in acqua piuttosto che sulla velocità della bracciata. Ne deriva una spinta molto superiore e quindi una maggior velocità in acqua, a parità di fatica.
La prossima volta che vi allenerete: focus!
Bibliografia essenziale
- Calatayud J, Vinstrup J, Jacobsen MD, Sundstrup E, Colado JC, Andersen LL., Mind-muscle connection training principle: influence of muscle strength and training experience during a pushing movement. Eur J Appl Physiol 2017;117:1445-52