Snack a rischio: etichette anti-cancro sulle patatine come sulle sigarette?

16 Dicembre 2002
Snack a rischio: etichette anti-cancro sulle patatine come sulle sigarette?

Alcuni gruppi ecologisti americani chiedono che le industrie alimentari etichettino i prodotti a rischio come le sigarette: “nuoce gravemente alla salute”. Perché?

Dopo l’allarme lanciato lo scorso aprile da un gruppo di scienziati svedesi per le elevate concentrazioni di acrilamide riscontrate in una serie di alimenti cotti, primi tra tutti le patatine fritte (in pacchetto e non), cresce la preoccupazione per la presenza di sostanze cancerogene negli snack, soprattutto in quelli preferiti dai bambini.

Sul banco degli imputati, innanzi tutto i cibi a base di carboidrati (come patate e cereali) cotti in presenza di grasso, quindi una serie di prodotti da forno oltre che fritti, quali crostini, biscotti, pop corn, crackers, cereali per la prima colazione, focacce. In misura minore, ma pur sempre preoccupante, caffè e cacao solubili, brioches, merendine.

Secondo le ricerche condotte dal dipartimento di chimica ambientale dell’Università di Stoccolma, l’acrilamide, una sostanza classificata come potenzialmente cancerogena per gli esseri umani, si svilupperebbe durante la cottura degli amidi ad alte temperature.

Le scoperte, confermate poi da ricerche analoghe svolte in Norvegia e in Gran Bretagna, hanno condotto in giugno alla convocazione di un comitato congiunto OMS-FAO (Organizzazione Mondiale della Sanità e Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura) per esaminare i dati raccolti e per mettere a punto appropriate linee-guida volte a ridurre l’esposizione all’acrilamide.

In quella occasione, le raccomandazioni a cui sono giunti gli esperti – che si riservano di trovare soluzioni più adeguate nel giro dei prossimi due anni – sono state le seguenti:

  • ridurre il tempo di cottura dei cibi, e preferire le basse temperature (purché in grado di distruggere i microbi, soprattutto nel caso della carne);
  • seguire una dieta sana, varia e bilanciata;
  • incoraggiare lo studio di formulazioni, processi industriali e sistemi di cottura volti a ridurre i livelli di acrilamide negli alimenti.

Oggi, nuove ricerche svolte negli USA indicano chiaramente che la quantità di acrilamide potenzialmente cancerogena sviluppata dagli alimenti a rischio aumenta con i tempi di cottura.

E questa è un’indicazione della quale tutti, cucinando, possiamo tenere conto, come pure del fatto che nessuna traccia di questa sostanza è stata riscontrata in nessuno dei cibi crudi o bolliti studiati fin qui.

Il fatto che alcuni scienziati minimizzino i dati sulla presenza di sostanze nocive negli alimenti più comuni non ci aiuta a sentirci più sicuri. Se non è certo che l’acrilamide provochi il cancro negli esseri umani, i suoi effetti tossici sono però ben noti. Di certo l’acrilamide è un prodotto neurotossico, mutageno e cancerogeno negli animali.

Negli uomini provoca danni al DNA e, a dosi elevate, al sistema nervoso e all’apparato riproduttivo. Le nuove ricerche avviate dopo il comitato congiunto stanno esplorando gli effetti dell’acrilamide sull’organismo umano a tutti i livelli. Va comunque segnalato che gli studi sulla sua tossicità genetica non hanno per ora indicato una soglia al di sotto della quale l’acrilamide non fa aumentare il rischio tumorale.

Un dato preoccupante riguarda il fatto che le maggiori concentrazioni di questa sostanza sono state riscontrate, come abbiamo visto, in alcuni tra i cibi preferiti dai bambini (1000 microg/kg nelle patatine in sacchetto; 500 microg/kg nelle patate fritte).

Questo comporta non solo un’assunzione più frequente, ma – se consideriamo che il peso corporeo di un bambino è tanto minore di quello di un adulto – anche un’esposizione tanto maggiore e di conseguenza un aumento proporzionale dei rischi. E sugli effetti dell’assunzione di acrilamide da parte dei bambini non esiste al momento alcuno studio.

È interessante notare che i cibi ad alto contenuto proteico, come ad esempio i gamberetti, se fritti in olio producono solo un’insignificante quantità di acrilamide. Per ridurne l’assunzione, quindi, vale la pena innanzi tutto di limitare nella dieta l’apporto di amidi fritti ad alta temperatura (come patate e mais). Alternative allettanti anche per i più piccoli sono le patate alla brace, le pannocchie abbrustolite o bollite, condite dopo cotte. Oppure le fritture di pesce.

Gli snack in sacchetto, come le patatine, in fondo rappresentano da sempre un’eccezione per chi segue una dieta sana, anche in virtù della presenza di altri componenti quali i grassi idrogenati o l’eccesso di sale.

Anche se i dati disponibili sugli effetti dell’acrilamide sulla salute umana, pur limitati e incompleti, destano sicuramente molte preoccupazioni, vale la pena di ricordare la straordinaria capacità di adattamento di ogni essere vivente.

Uno studio recente condotto dalla Medical School di Harvard e dal Karolinska Institutet di Stoccolma, per esempio, ha dimostrato che l’organismo risponde meglio alla scelta attiva di cibi sani che all’evitamento di quelli nocivi.

Inoltre, le difese del nostro sistema immunitario possono essere favorite e incrementate in molti modi. Non trascuriamoli, e saremo sempre più forti di fronte alle minacce provenienti dall’ambiente in cui viviamo. E soprattutto, aiutiamo i nostri figli ad applicare le regole più semplici.

Chi fosse interessato ad approfondire l’argomento, può consultare direttamente il sito internet FAO-OMS che contiene informazioni rilevanti sui rischi che comporta l’acrilamide nei cibi per la salute, una banca dati dei ricercatori e dei fornitori e referenze su qualunque pubblicazione sul tema. Altri collegamenti utili: sul sito just-food.com (a pagamento) e su lifegate.it.