Abuso di psicofarmaci sui bambini
È salito agli onori delle cronache nei giorni scorsi un caso di mala educazione e di cattiva gestione della responsabilità sui minori ad opera degli insegnanti dell’asilo di Nardò (Lecce). E’ attualmente al vaglio degli inquirenti se ai bambini dell’Istituto, rei di essere troppo vivaci il pomeriggio, siano stati o meno somministrati psicofarmaci per “tranquillizzarli”.
Forse sarebbe stato meglio evitare di estendere subito il problema su scala nazionale, ma concentrarsi sulla risoluzione del caso concreto (e limitato sul territorio) che, oltre che possibile, pare ora anche molto probabile; detto ciò è innegabile che nel nostro paese il malcostume farmacologico di somministrare a bambini e adolescenti psicofarmaci per risolvere problematiche di qualsiasi tipo (esistenziali, di depressione, ansia ecc.), a detta degli stessi gestori di farmacie, risulta avviato su un sentiero di crescita costante.
L’accaduto è grave. Gli psicofarmaci, che in questo caso sarebbero benzodiazepine, hanno effetti collaterali forti e provocano danni anche negli adulti. Ai minori sarebbe sconsigliato l’assunzione di tali rimedi, che potrebbero essere sostituiti agevolmente con tecniche di tipo naturale (ove la situazione lo richieda) e meno invasive, ma anche, negli asili, facendo svolgere attività “calmanti” e alternative, per facilitare la distrazione e lo svago. Insomma semplicemente con una migliore attività di organizzazione delle giornate.
In un caso come questo, in cui lo psicofarmaco sostituiva in tutto e per tutto il ruolo pedagogico dell’insegnante esistono due ulteriori aggravanti alla condizione di debolezza del bambino, per una eventuale punizione dei colpevoli. Prima di tutto il mancato consenso delle famiglie a tali pratiche. Tesi scontata, ma centrale. E in secondo luogo il tradimento della fiducia dei genitori da parte di una seppur piccola istituzione, che, facendosi carico della “gestione” dei loro figli, automaticamente doveva garantire il loro rispetto, la loro cura e l’attenzione a non arrecare alcun danno.
Tale pratica di cura dei minori scimmiotta tristemente un malcostume già diffuso negli USA che vede coinvolte centinaia di bambini ogni anno ed è da scoraggiare attraverso punizioni stabilite dagli organi giudiziari. In termini di condanne. Ma anche con l’informazione e la sensibilizzazione della coscienza pubblica, che va resa più attenta osservatrice sulla qualità delle istituzioni.
Una volta fatta chiarezza su questa faccenda sarebbe utile non solo aprire un dibattito sull’etica della professione dell’educatore, ma anche sulla sorveglianza necessaria nelle strutture pubbliche affinché i lavori siano svolti con coscienza e scrupolo dai dipendenti. E non solo. Bisognerebbe indagare su quanto, realmente, nel nostro paese, nelle nostre scuole e ospedali, la pratica della somministrazione di farmaci e psicofarmaci ai minori sia diffusa. Alle volte dietro un episodio si nasconde un metodo, come paventava l’assessore alla sanità di Lecce. Forse è solamente una pratica agli inizi, che, come per le altre “innovazioni”, giunge dall’America a noi in ritardo. Un ruolo ispettivo e di indagine della magistratura si spera farà luce, assieme all’encomiabile lavoro di pressione delle associazioni pro infanzia, ai sindacati, alle istituzioni sul territorio, su una faccenda scabrosa e inquietante.