La dipendenza da cibo ha tra le cause la glicazione alimentare
La dipendenza dalla assunzione di alcuni alimenti (dal cioccolato alla pizza) è sempre più diffusa e sono oggi chiari i meccanismi che legano infiammazione alimentare, glicazione e ricerca compulsiva di alcuni cibi, aiutando a capire come uscirne.
Tra i segnali di una dipendenza dalla assunzione di alimenti si ritrovano gli stessi sintomi presenti nella dipendenza dalle sostanze stupefacenti:
- abbuffate (bingeing)
- ricerca compulsiva (craving)
- mancanza di critica (tolerance)
- sindrome da astinenza (withdrawal)
- effetto anche su sostanze simili (cross-sensitisation)
- gratificazione (reward)
- effetti simili agli stupefacenti (opioid effects)
Una ricerca effettuata su persone sane da Ashley Gearhardt, professore associato di Psicologia alla University of Michigan, ripresa poi da Healio Primary Care (Nutrition and Fitness), segnala che ben il 13% dei soggetti intervistati ha dato risposte congrue con una vera e propria dipendenza da alimenti e che il 44% delle persone intervistate ha riportato almeno uno dei sintomi che caratterizzano la dipendenza alimentare.
Dai risultati emergono delle altre indicazioni, sicuramente interessanti. Le donne hanno una maggiore propensione ad avere una dipendenza da cibo (18% contro 8%); le persone comprese tra i 50 e i 64 anni di età hanno dipendenza alimentare in misura nettamente superiore al gruppo di età compresa tra i 65 e gli 80 anni (17% contro 8%).
Integrando i risultati le donne di età compresa tra i 50 e i 64 anni sono il gruppo che più facilmente presenta tutti i sintomi legati alla dipendenza, raggiungendo ben il 22% della popolazione esaminata.
Si tratta di un fenomeno in crescita che era stato in parte anticipato con la pubblicazione sul British Journal of Sports nel 2018 di una review che identificava nei meccanismi della dipendenza da oppioidi o da stupefacenti gli stessi meccanismi attivati dalla assunzione di zuccheri aggiunti.
Non si pensi che la reazione violenta di un eroinomane in crisi di astinenza sia la stessa di un mangiatore di zucchero che ha finito i biscotti. L’intensità della reazione e le espressioni o le azioni verso il mondo esterno possono essere di diversa intensità, ma i meccanismi coinvolti sono esattamente gli stessi.
La dipendenza infatti è molto legata agli zuccheri o alle sostanze che hanno lo stesso tipo di metabolismo, come il fruttosio, la frutta, i dolcificanti, i polioli e l’alcol. È difficile incontrare una dipendenza da “cosce di pollo” o da “bistecca” mentre ad esempio è facile trovare ex alcolisti che bevono in quantità elevatissima soft drink zuccherati (bibite dolcificate o zuccherate, magari fraudolentemente sane come le preparazioni di tè verde dolcificato).
In questo caso vengono “gratificati” gli stessi centri nervosi gratificati dall’alcol e viene tenuta a bada in modo solo parzialmente efficace la crisi di astinenza.
Su Eurosalus descriviamo da molti anni gli aspetti della dipendenza da zuccheri in articoli quali “Voglia di qualcosa di buono o dipendenza da zucchero?”, “Lo zucchero crea dipendenza” e “Quando il cibo ti droga: disintossicarsi è possibile”.
Questa relazione tra zuccheri e dipendenza è confermata anche da uno studio pubblicato nel maggio 2023 su Clinical Nutrition che ha evidenziato un rischio di sviluppare diabete alimentare (DMT2) di ben 5 volte maggiore rispetto alle persone senza dipendenza alimentare, in modo del tutto indipendente dalla forma fisica e dall’indice di massa corporea (BMI) delle persone interessate.
Individualmente faccio parte delle persone che hanno almeno uno dei sintomi di dipendenza alimentare (amo il vino buono) ma ho imparato a verificare l’effetto dell’apporto alcolico sul mio organismo attraverso frequenti misurazioni del Metilgliossale per mezzo del Glyco Test e del MGO Control.
In questo modo posso capire benissimo se sto esagerando e mi riporto subito alla mia norma, che mi consente di gustare le cose buone senza averne danni; nel mio caso pratico il Glyco Test mi ha dato la possibilità di usare solo un certo numero di Unità Zuccherine in un massimo di 3 pasti alla settimana.
Ho quindi tre punti “vino” nella mia settimana, escludendo i dolci (che non mi interessano). Se dovessi inserire anche un dolce dovrei scendere a soli due momenti “vino”, gestendo sempre i miei livelli di attenzione misurando come zuccheri e alcol interferiscono nei miei livelli di glicazione.
Per questo, nel centro SMA in cui lavoro proponiamo sempre dei percorsi terapeutici che consentono di utilizzare gli zuccheri in modo personalizzato (grazie ai risultati di test come PerMè e Glyco Test), spiegando attentamente che nessun cibo è nemico, neanche gli zuccheri, ma che la personalizzazione consente di definire le quantità che ognuno può utilizzare e la sua giusta frequenza. I meccanismi di evitamento alimentare (ARFID) sono sempre controproducenti.
Spesso il supporto psicologico per affrontare la dipendenza da zuccheri è utile. La dottoressa Paola Dordoni ha scritto in questo senso un importante articolo dal titolo “Selettività alimentare: quando il cibo nemico mi controlla”, che può essere di supporto a chi voglia approfondire questo aspetto.
Le basi fisiche e nutrizionali per uscire dalla dipendenza si basano su almeno 4 punti di intervento:
Tra le sostanze che spesso suggeriamo ci sono i sali di cromo (regolatori del metabolismo degli zuccheri) e l’inositolo (fine regolatore della gestione dell’energia e di supporto al tono dell’umore). Prodotti come Glucontrol base (1 al giorno a lungo), Inositox (2 tavolette al giorno) o InoSAMe Brain (1 al dì) sono utili complementi alla personalizzazione nutrizionale.
Spesso i nostri pazienti scoprono di sentirsi meglio, più liberi, più sereni, e di non cercare più compulsivamente alimenti dei quali prima sentivano la mancanza, magari anche senza rendersene conto. Un cammino verso salute e consapevolezza guidato da solide base razionali che coinvolgono positivamente anche la parte emotiva.