Dolcificanti? Meglio no…
Gli zuccheri sono buoni e richiamano compagnia, socialità e piacere. L’essere umano ha addirittura un ormone (NPY) che glieli fa cercare e questa predisposizione alla sua ricerca ha consentito la sopravvivenza della specie umana nell’antichità.
Oggi però, tutti i tipi di zuccheri e tutte le sostanze assimilabili (glucosio, fruttosio, alcol, polioli e anche i dolcificanti artificiali a calorie ridotte) arrivano a scatenare delle puntate zuccherine che caratterizzano comunque importanti oscillazioni dei valori di zuccheri nel sangue. Si tratta della variabilità glicemica, di cui oggi è nota la criticità per la maggior parte delle malattie croniche più diffuse.
L’organismo umano, quindi, ha un ormone che fa cercare gli zuccheri (e l’alcol, la frutta, il miele e tutte le altre sostanze dolci), e i dolci sono buoni, ma il loro eccesso individuale può essere pericoloso non solo per il diabete ma anche per malattie cardiovascolari e Alzheimer, solo per citare due malattie fortemente correlate all’uso zuccherino. Come trovare la giusta via di mezzo? Capendo quale sia la giusta quantità, su base individuale.
Un documento dell’EFSA (agenzia europea per la sicurezza dell’alimentazione) rilasciato nel 2021 ha evidenziato che mentre per quasi tutte le sostanze potenzialmente tossiche o pericolose (ad esempio coloranti e conservanti) esiste un margine di sicurezza e di tollerabilità, per lo zucchero questo non esiste. Su base statistica è meglio non assumerne. I danni possono cominciare anche dalle minime quantità introdotte nell’organismo, come avviene per la radioattività.
Questo non significa che non si deve assumere zucchero (o alcol o frutta o miele o dolci della nonna), ma che gli effetti individuali vanno misurati. Se, come nel mio caso personale, la genetica evidenzia una predisposizione diabetica, è necessario misurare con una certa frequenza i valori di Metilgliossale e di Albumina glicata (le stesse sostanze evidenziate dal PerMè o dal Glyco Test) per capire se “individualmente” sto assumendo troppe sostanze dolci o dolcificate e se il mio organismo è in grado di smaltirle adeguatamente.
Dal 2019 è purtroppo stato spiegato che glicemia a digiuno e emoglobina glicata (ottimi marcatori di diabete già comparso) non sono in grado di evidenziare i danni da zuccheri già esistenti che caratterizzano il pre-diabete e la possibilità di sviluppare la malattia.
E ci sono inoltre alimenti che di fatto sono dolci, ma che recano in etichetta claim nutrizionali accattivanti (e spesso fuorvianti) come ad esempio “a ridotto contenuto in zuccheri”, “con il 40% di zuccheri in meno”, “tanto gusto, poche calorie”, “light”.
La domanda che bisognerebbe porsi è come fa un alimento con la metà dello zucchero a essere dolce come la sua controparte zuccherata? Sono i dolcificanti artificiali a calorie ridotte o a zero calorie. Questa classe di nutrienti, detta polioli (in etichetta ci sono parole che terminano con il suffisso -olo: xilitolo, sorbitolo, mannitolo, eritritolo, maltitolo…) viene definita come “carboidrati con un ridotto apporto calorico ma con un potere dolcificante equiparabile o superiore allo zucchero comune”.
Il punto fondamentale, purtroppo ancora poco chiaro ai più, è che i polioli, nonostante non abbiano un effetto immediato sull’aumento degli zuccheri nel sangue (glicemia), agiscono comunque in maniera indiretta sulla insulino-resistenza, fenomeno per il quale l’organismo riuscirà sempre meno a gestire i carboidrati. L’effetto più comune nel breve periodo può essere l’incremento di grasso, cui si vanno ad associare, se non si interviene con un deciso cambio di abitudini alimentari e stile di vita, anche seri dismetabolismi e patologie, tra cui il diabete.
Il meccanismo controverso è legato all’aumento di Metigliossale (MGO) in seguito all’assunzione di tali sostanze (alcol compreso), una molecola fortemente pro-ossidante associata alla resistenza insulinica, come lo zucchero bianco in eccesso aggiunto nel caffè.
Questo vale anche per il sucralosio, spesso usato come dolcificante a basso contenuto di calorie, di cui Eurosalus ha discusso fin dal 2013.
Il motto del nostro gruppo di ricerca è “Misurare è meglio che supporre” e nei confronti degli zuccheri questo vale oggi ancora di più. Conoscere i propri livelli di glicazione permette di mantenere la salute e di vivere meglio.
Capire gli effetti individuali della assunzione zuccherina consente di godersi un dolce, un gelato o del buon vino anche in un paio di giorni della settimana (è l’indicazione più critica e limitativa che diamo nei casi più gravi) ma spesso, in persone che si nutrono bene e fanno attività fisica, la possibilità di usare dolci, carboidrati e abbondante frutta è decisamente più espansa e si tratta solo di evitare l’assunzione inconsapevole di dolci e gestirli con la gioia che meritano quando è possibile nel rispetto del proprio metabolismo finalmente compreso.