Uniti si vince, anche mangiando bene nella propria famiglia
Tempo fa mi è capitato di visitare il figlio poco più che ventenne di una mia paziente storica. Sul piano medico conosco la madre di questo ragazzo da prima che lui nascesse e sono molto affezionato a lei e alla sua famiglia.
È stato un incontro molto piacevole e mi ha colpito la naturalezza con cui questo ragazzo seguiva molte delle indicazioni dietetiche e nutrizionali che da anni discuto con sua madre.
Pur nel rispetto della sua parte “ribelle” e della accettazione dei suoi “sgarri”, del tutto normali per un adolescente e da non rifiutare nemmeno in età adulta, la struttura nutrizionale della sua vita aveva solide basi, che amava mantenere anche per i risultati in termini di studio e di attività sportiva che sentiva legati a queste scelte.
Per lui una prima colazione abbondante che comprenda anche una quota sensata di proteine, l’abbinamento a tutti i pasti di carboidrati e proteine, l’utilizzo dell’integrale e l’attività fisica erano tutti aspetti assolutamente assodati, se non quasi scontati, un vero e proprio stile di vita, del quale era spesso portato a parlare.
Anche a scuola e tra i suoi amici, gli veniva spesso chiesto perché facesse certe scelte alimentari che non erano “antipatiche” e che gli consentivano anche di lasciare spazio alla fantasia e al divertimento.
Le basi di queste regole sono descritte in modo sufficientemente sintetico nell’articolo “Nutrirsi bene: le buone abitudini per la forma e il benessere”, che è uno degli articoli più letti di Eurosalus e che rappresenta la base del lavoro nutrizionale che noi impostiamo, attraverso i percorsi terapeutici del centro SMA in cui lavoro, per la vasta serie di malattie e disturbi connessi anche con l’alimentazione.
Questo mi ha spinto a riflettere sull’importanza del supporto della propria famiglia se si vuole cambiare la propria alimentazione.
Con il termine famiglia mi riferisco a tutte le persone che sono vicine e che, a seconda delle circostanze, potrebbero essere il proprio partner, i propri genitori, i propri figli, i propri conviventi, i compagni di college e così via. Trovare un orientamento comune nella preparazione dei pasti è di forte impatto sui risultati immediati e soprattutto diventa esempio per le generazioni future.
Allo stesso modo, una forte opposizione rischia di mettere in seria difficoltà una persona che cerca di cambiare le proprie abitudini e la frequentazione di persone che si comportino in modo antitetico ai principi di benessere facilita spesso la comparsa di disturbi o malattie correlate all’alimentazione, come abbiamo scritto in un articolo paradossale, ma basato su solide basi scientifiche dal titolo scherzoso “Chi va col cicciottone impara a cicciottar…”.
Lo stesso vale per i più piccoli: quando mi capita di dare suggerimenti nutrizionali particolari a un bambino, chiedo obbligatoriamente a tutta la sua famiglia di condividere con lui tutti gli aspetti della dieta in modo che possa imparare dall’esempio dei suoi famigliari e non si senta discriminato.
Questo soprattutto nel caso in cui si debbano valutare la sua infiammazione da cibo e il suo profilo alimentare, dati che portano a controllare, almeno in due giorni della settimana, l’assunzione di alcuni alimenti. O lo fa tutta la famiglia o non è possibile determinare dei cambiamenti.
L’alimentazione, soprattutto nel nostro paese, rappresenta un aspetto importante dell’identità casalinga così come dovrebbe essere per le scuole. Un aspetto che merita di essere deciso con scelte consapevoli per la salute e il benessere di tutta la famiglia e delle generazioni future.