Sistema immunitario e cibo: è il momento di ridare attenzione personalizzata a cosa si mangia
Con la complicità della vicinanza alle festività pasquali e con lo stimolo emotivo indotto dalla apparente transitorietà del primo vero periodo di quarantena affrontato dagli italiani e da quasi tutti gli europei, l’assunzione alimentare “libera” sembrava quasi una regola. Ogni occasione poteva diventare stimolo alla trasgressione alimentare.
Il tempo passato in casa, la competitività sui social per succulenti piatti preparati in autonomia o recuperati online e il comprensibile stato di tensione emotiva vissuto da tutti in questo periodo hanno facilitato uso e abuso di certi alimenti.
Non è casuale che nella maggior parte dei supermercati gli scaffali del cioccolato (di qualunque tipo) siano perennemente vuoti anche se costantemente riforniti. La stessa sorte è capitata, in modo inaspettato, al lievito di birra, forse per un desiderio diffuso di preparare pane pizze e torte casalinghe.
Tre cause ben definite che aprono la strada anche al Coronavirus
Le tre cause su cui iniziare a ragionare per dare al sistema immunitario tutto il supporto necessario e per ripristinare nel modo migliore il proprio equilibrio sono:
- Infiammazione
- Glicazione ed eccesso di zuccheri
- Alterazioni della sensibilità insulinica e sovrappeso
La conoscenza di questo nuovo virus, causa della Covid-19, sta progredendo giorno dopo giorno. L’elemento principale di discussione è la comprensione di come il virus agisce e di come determina la malattia. Questa evoluzione di conoscenza ha permesso di cambiare la modalità di terapia, riuscendo già a definire dei protocolli ancora parziali, ma innovativi ed efficaci, e il percorso in questa direzione prosegue senza sosta.
Mentre inizialmente si pensava a una azione diretta sul polmone, come se il virus rendesse difficile il passaggio dell’ossigeno, oggi si è capito che il virus agisce determinando una tempesta infiammatoria legata alla attivazione di numerose citochine, tutte con valenza immunologica, e determinando un aumento della coagulazione e la produzione di microcoaguli e microtrombi polmonari, dovuti alla infiammazione dei vasi, che alterano il flusso di sangue e la distribuzione del rapporto tra sangue e aria nei polmoni coinvolti.
Le tre forme di infiammazione correlate al cibo. Una evoluzione scientifica che coinvolge tutti
In pratica significa che gli effetti patologici gravi e le complicanze letali sono dovuti principalmente alla azione infiammatoria del virus e agli effetti delle citochine coinvolte. In modo decisamente diverso da quanto i medici sono abituati a vedere in una malattia infettiva.
In una polmonite classica alcune zone polmonari o tutto il polmone si riempiono di secrezioni purulente e si riduce la quantità di polmone sano che può respirare. Qui invece si attiva un processo infiammatorio immunologico che cambia la funzione dei vasi. È evidente che la riduzione dei livelli di infiammazione dell’organismo può ridurre o contenere questo aspetto. Inoltre nelle ultime settimane sono stati evidenziati dei fattori di rischio importanti che riescono a complicare il decorso della malattia in modo anche grave di cui è indispensabile tenere conto per attuare una vera prevenzione.
Cosa c’entra l’alimentazione con tutto questo?
È la domanda di tutti. Perché l’alimentazione può aiutarci? Non certo per l’effetto delle calorie introdotte o per l’apporto equilibrato di minerali che possiamo dare all’organismo. Da tempo ormai si è capito che questa è una chiave di lettura che spiega solo alcuni effetti alimentari. I segnali infiammatori indotti dal cibo sono molto più potenti. Gli studi più recenti hanno consentito di capire che esiste una relazione diretta e profonda tra ciò che si mangia, il proprio profilo alimentare personale e le citochine eventualmente prodotte in risposta alla assunzione ripetuta di alcuni alimenti o le sostanze ossidanti e infiammatorie derivanti da una eccessiva assunzione individuale di zuccheri.
– Infiammazione
Come abbiamo già spiegato più volte, la ripetuta assunzione di un cibo appartenente ad un gruppo alimentare o l’eccesso di un alimento specifico può portare alla produzione di particolari citochine come BAFF (che è fortemente correlato all’attivazione immunologica) che può essere un fattore scatenante, insieme al TNF-alfa e all’Interleuchina 6 (IL6) di molti dei fenomeni immunologici e reattivi (vasculiti) che coinvolgono i vasi polmonari durante un’infezione da Coronavirus. Il PAF (Fattore di attivazione delle piastrine) si è rivelato essere un possibile attivatore della coagulazione e un suo livello elevato può facilitare la formazione dei microcoaguli oltre che mantenere un elevato livello infiammatorio di tutto l’organismo.
– Glicazione
L’eccesso individuale di assunzione di zuccheri (tutti, includendo anche fruttosio e sostanze con metabolismo analogo, come l’alcol) può determinare fenomeni infiammatori dello stesso tipo di quelli appena descritti, ma soprattutto contribuisce alla resistenza insulinica e allo sviluppo di diabete e comunque di iperglicemia.
– Alterazioni della sensibilità insulinica e sovrappeso
Nelle ultime concitate settimane, praticamente dall’inizio della pandemia, sono stati raccolti dei dati importanti sul fatto che le persone diabetiche o con condizioni di resistenza insulinica rilevante o in sovrappeso, a parità di “livello di infezione” sono molto più portate a sviluppare la “tempesta infiammatoria” che crea il vero aggravamento della malattia. Questo avviene perché infiammazione da cibo e glicazione rappresentano entrambe due importanti forme di infiammazione, e alcuni dei loro effetti, come quelli della glicazione, sono stati capiti e studiati solo a partire dal 2017.
Cosa fare? Come misurare?
Capire il proprio profilo personale e il livello di infiammazione oggi consentono di rifasare gli aspetti di disagio da squilibrio alimentare dovuti alla sregolatezza di queste settimane passate e consentono di dare una regolata al proprio metabolismo, riducendo la resistenza insulinica profondamente connessa con l’infiammazione e con l’attivazione di alcune citochine infiammatorie, tutte condizioni che facilitano sovrappeso, obesità e diabete.
Il fatto che la corretta gestione alimentare consenta anche di mettere l’organismo nelle migliori condizioni di risposta alla possibile infezione da Coronavirus sembra un “plus” importante, di sicuro supporto per la vita dei prossimi mesi.
Una delle cose belle dello studio legato alla infiammazione correlata al cibo è che mai nessun cibo viene considerato un nemico assoluto. La conoscenza del profilo alimentare personale consente di reintrodurre in alcuni giorni della settimana anche i cibi che hanno determinato infiammazione, sia per motivi sociali (da non trascurare mai) sia per motivi immunologici. La eliminazione completa di alcuni alimenti è infatti molto più rischiosa della loro più gestibile rotazione e non dovrebbe mai essere richiesta se non in caso di gravi e documentate allergie specifiche. Faccio parte di un team clinico di lavoro che affronta ogni giorno queste tematiche nel centro SMA di Milano in cui lavoro.
Misurare è sempre meglio che supporre, e i risultati si vedono
L’obiettivo per riportarsi alla normalità e all’equilibrio è comprendere come ciascuno risponda agli alimenti, definendo il profilo alimentare corretto, misurando il livello di infiammazione e valutando alcune predisposizioni genetiche allo sviluppo infiammatorio.
Il test PerMè, ad esempio, è in grado di fornire in contemporanea sia i livelli di glicazione sia i livelli di infiammazione correlata ai gruppi alimentari consentendo, in base ai risultati, una impostazione nutrizionale personalizzata ancora più precisa.
In Italia si possono fare questi test solitamente nelle farmacie; si tratta di autoprelievi in cui il farmacista può aiutare il cliente a completare il prelievo di sangue dal polpastrello prima di inviarlo a GEK Lab, il laboratorio specializzato per l’analisi.
Purtroppo l’attuale fase pandemica, la ristrettezza dei tempi a disposizione e la presenza di norme e disposizioni diverse (non sempre uniformi sul territorio) possono in questa fase impedire al farmacista di fornire il servizio.
In questo caso esiste la possibilità di richiedere direttamente al Laboratorio di analisi centrale GEK Lab l’invio a casa propria del kit di autoprelievo con tutte le istruzioni e il breve tutorial necessario per effettuarlo in autonomia e in totale sicurezza. Il link su cui richiederlo consente di avere a disposizione i risultati nel volgere di una decina di giorni dal prelievo.
Normalmente il Farmacista provvede, se necessario, a chiarire dubbi sulla lettura del referto; in questa circostanza, per coloro che effettuano il prelievo in autonomia è previsto, se necessario, un supporto online direttamente da parte del team scientifico dell’azienda su apposita area riservata.
La definizione del proprio Profilo alimentare e la conoscenza dei livelli infiammatori sono basilari per la personalizzazione alimentare indispensabile al proprio benessere.
Conoscere la propria predisposizione all’infiammazione e i suoi livelli, insieme alla identificazione dei gruppi alimentari assunti in eccesso diventa un’arma basilare per il proprio benessere, per mantenere o riconquistare la propria forma e per imparare a controllare alcuni degli aspetti proinfiammatori che determinano numerose malattie e disturbi e possono anche facilitare lo sviluppo di malattia grave in caso di infezione da Coronavirus.
Una “candela per cui vale la pena giocare”, un tema cioè su cui riflettere dedicandogli il tempo e le risorse mentali dovute.