Le intolleranze alimentari non esistono: un aperitivo editoriale e un libro per capire a fondo questo tema
Nel 2019 LSWR ha pubblicato il mio libro “Le intolleranze alimentari non esistono”, un testo che descrive in modo scientifico e rigoroso perché oggi si debba parlare di infiammazione da cibo.
Perché si debba cercare sempre un rapporto naturale con il cibo, che sostenga una dieta varia, completa, piacevole e sana, senza mai eliminare alimenti. E soprattutto come oggi si possano misurare le citochine infiammatorie e i fenomeni di glicazione che documentano i possibili sintomi legati al cibo.
Nell’intervista video di circa 15 minuti collegata a questo articolo, discuto insieme alla giornalista Mercedes Bradaschia i dubbi e le certezze che ruotano intorno a questo tema.
Essere in grado di definire il livello di infiammazione presente nell’organismo rappresenta il discrimine tra supposizione e certezza e le più recenti conoscenze scientifiche consentono di comprendere finalmente le soluzioni ai molti problemi di salute correlati agli aspetti infiammatori della nutrizione.
La percezione di una relazione diretta tra ciò che si mangia e numerose malattie o disturbi ha ricevuto conferme precise nel corso degli ultimi anni.
- Dal 2007 è confermato che alcune citochine, come il BAFF, si alzano nell’organismo quando un cibo determina dei sintomi percepibili (infiammazione da alimenti, identificabile dal Test Recaller 2.0)
- Dal 2011 la Harvard Medical School ha definito le regole per “nutrirsi bene”, definendo che una scorretta combinazione di proteine e carboidrati in ogni pasto può creare infiammazione.
- Dal 2017 è evidente, sul piano scientifico, che il 62% delle reazioni infiammatorie o allergiche di cui non si comprende la causa possono dipendere da un eccesso di zuccheri (infiammazione da zuccheri, identificabile dal Glyco Test)
Significa che nel volgere di 12 anni sono emerse in modo scientifico le ragioni non solo di una singola forma infiammatoria, ma di ben tre forme infiammatorie differenti, tutte legate all’alimentazione, e da ricercatore mi aspetto che altre possibili forme di infiammazione possano essere scoperte nei prossimi anni.
Si tratta di effetti dell’alimentazione che possono coinvolgere la maggior parte delle malattie infiammatorie, allergiche, metaboliche e degenerative. La prevenzione e la cura di queste malattie deve basarsi anche su un profilo alimentare personalizzato che diventi uno strumento di precisione per il supporto alla guarigione. Il test PerMè, che analizza e definisce sia l’infiammazione da zuccheri sia quella da alimenti, indica poi scelte nutrizionali che tengono ovviamente conto anche del bilanciamento tra gli alimenti in accordo con le indicazioni della Harvard Medical School.
Negli anni passati anche io e i ricercatori del mio gruppo di lavoro abbiamo usato il termine di “intolleranza”, ma dal 2011, momento in cui è apparso chiaro che esistesse un fenomeno di tipo infiammatorio legato al cibo, la nostra ricerca è stata quella di misurare il livello di infiammazione valutando BAFF e PAF e un profilo alimentare individuale che indicasse gli eccessi alimentari. Le IgG alimento specifiche infatti, come indicato chiaramente dal documento del Ministero alle pagine 34 e seguenti, indicano solo un eccesso alimentare. Non possono indicare in alcun modo una reazione allergica, come purtroppo si può vedere dalla lettura di numerosi test presenti sul mercato.
Dal 2011 le nostre comunicazioni e la nostra pratica clinica si sono adeguate ad una scienza che evolve e il termine di “intolleranza alimentare” è stato cancellato da qualsiasi indicazione (escluse appunto celiachia e intolleranza al lattosio).
Nel mese di marzo 2019, l’aggiornamento del documento informativo su “Allergie alimentari e sicurezza del consumatore”, ha consentito al Ministero di specificare quali sono tutti i test inutili per le cosiddette “intolleranze alimentari” e chiarendo i percorsi corretti per capire i sintomi dovuti al cibo. Inoltre nello stesso documento si è specificato che le misurazioni di BAFF e PAF sono effettuate attraverso test metodologicamente validati e usati in molti ambiti scientifici. BAFF, PAF e IgG non possono indicare allergia alimentare e nemmeno “intolleranza”. Infatti le indicazioni del Recaller 2.0 e del test PerMè, da molti anni sono solo quelle di evidenziare il livello di infiammazione presente nell’organismo e il profilo alimentare che indica gli eccessi alimentari o le ripetizioni sistematiche degli alimenti.
Conoscere bene questi temi significa essere in grado di riprendere in mano “le proprie redini” e guidare il proprio organismo verso il recupero e il mantenimento del benessere. La lettura di questo libro consente di fare un passo avanti in modo pratico ed efficace.