Cattiva digestione? Allergie alimentari e infiammazione da cibo in agguato
Di ritorno dal Food Allergy and Anaphylaxis Meeting, congresso biennale sulla allergia alimentare, conclusosi lo scorso sabato 20 ottobre a Copenhagen, riporto subito alcuni spunti di rilievo che sono emersi dalle relazioni congressuali.
In particolare, la prima sessione plenaria del congresso, tenuta da Ronald van Ree, dell’Università di Amsterdam, ha evidenziato l’importanza della digestione nella caratterizzazione degli antigeni che possono scatenare allergie alimentari vere (IgE mediate) o fenomeni infiammatori alimentari.
Di fronte alla comparsa di sintomi correlati con la assunzione di un alimento, spesso si perdono di vista gli aspetti più semplici delle abitudini nutrizionali e ci si sofferma solo sul cibo come possibile responsabile.
Nell’agosto del 2018 Van Ree ha pubblicato su Clinical and Translational Allergy una ricerca importante sul tema della digestione degli allergeni (Akkerdaas J et al, Clin Transl Allergy. 2018 Aug 10;8:30. doi: 10.1186/s13601-018-0216-9. eCollection 2018) e ha ripreso quei temi nella sua relazione, evidenziando che la sequenza corretta della digestione, con la pepsina in azione prima della pancreatina, riduce effettivamente la presenza di antigeni alimentari.
Significa che se lo stomaco ha il giusto livello di acidità e attiva la pepsina, cui segue l’azione del pancreas che esprime i suoi enzimi con la pancreatina, si possono vedere modifiche importanti di antigeni impegnativi, come quelli dei crostacei, dei pesci o delle arachidi.
In pratica digerendo bene si riesce a ridurre la presenza e il carico delle sostanze allergizzanti (per le allergie) o comunque degli antigeni di riconoscimento (per l’infiammazione da cibo).
Descrivo questa realtà da molti anni, segnalando l’azione dei protettori gastrici, ottimi prodotti per un uso ristretto nel tempo, ma spesso utilizzati a lungo, con conseguenze potenzialmente gravi sulla digestione, perché inibiscono l’acidità gastrica e impediscono così l’azione delle proteasi che dovrebbero ridurre il carico di antigeni proteici.
Quando si usano protettori gastrici a lungo, diventa necessario utilizzare enzimi (ad esempio Enzitox, prendendo una capsula prima di ogni pasto, o Erbenzym Digest, assumendone 2 capsule al giorno) che agiscono anche ad acidità ridotta consentendo una digestione più completa degli alimenti.
Questo aspetto è di tale importanza che può essere importante anche per la celiachia.
Toft-Hansen, noto esperto di questa malattia, ha discusso come l’uso di alcuni enzimi derivati da maltodestrine sia in grado di evitare l’insorgenza di celiachia in animali da esperimento geneticamente predisposti che mangino glutine insieme ad enzimi digestivi, mentre i controlli che mangiano lo stesso glutine ma senza enzimi la sviluppano. Gli enzimi, senza eliminare del tutto il glutine, ne riducono comunque il carico ed Eurosalus ha pubblicato un articolo su questo tema nei mesi scorsi.
La digestione comincia ovviamente in bocca e anche la masticazione può dare il suo apporto, come descritto in questo articolo sulla importanza della masticazione anche per controllare le allergie primaverili; spesso c’è stupore da parte delle persone allergiche o con sintomi infiammatori correlati all’alimentazione, quando si cerca di migliorare l’aspetto digestivo anziché prescrivere antistaminici e altri presidi antiallergici.
Eppure l’uso di queste tecniche, sempre più basate su evidenza scientifica, risulta efficace e rapido. Nel nostro centro infatti, quando affrontiamo una allergia alimentare o una allergia respiratoria valutiamo sempre il livello di infiammazione correlato al cibo e mettiamo in pratica, nei nostri protocolli terapeutici, indicazioni di tipo alimentare in cui il miglioramento digestivo è spesso il primo elemento terapeutico impostato.
Nella sua relazione, il dottor van Ree ha definito che per arrivare a stimolare la comparsa di sintomi allergici alimenatri agiscono più cofattori:
- Quantità di antigene presente nel cibo
- Resistenza alla digestione intestinale
- Trattamento e cottura dell’alimento, che potrebbe aumentarne la allergenicità
- Elementi come abuso alcolico, deprivazione di sonno, contemporaneo uso di FANS, uso di protettori gastrici
E questo solo per quanto riguarda la sostanza allergizzante. Poi, il fatto che la sostanza sia veicolata da un altro componente (matrice) che può determinare ulteriori cambiamenti è oggetto di ulteriori studi e valutazioni.
Con certezza sta emergendo il tema della glicazione degli alimenti come uno dei più importanti fattori proallergici dell’alimentazione. Su Eurosalus abbiamo discusso dei fenomeni della glicazione in un articolo dal titolo “Quando la reazione allergica dipende da zucchero, fruttosio e prodotti glicosilati“, spiegando che le reazioni allergiche o infiammatorie possono essere provocate da certi tipi di cottura (soprattutto quelle che generano croccantezza), ma anche dalla utilizzazione eccessiva di zucchero e fruttosio.
Di sicuro la Scienza si sta muovendo sempre più nella direzione di NON colpevolizzare il cibo. Si stanno scoprendo cofattori (come appunto digestione e glicazione) che sono molto più significativi di quanto finora si sia creduto e che evidenziano quanto debba essere globale la valutazione di un fenomeno infiammatorio da parte del medico.
Nel rispetto di quanto la Scienza sta scoprendo e per rispettare l’interezza dell’organismo e la sinergia delle sue funzioni.