Dieta senza glutine per tutti? La scienza dice no
Il glutine è una proteina presente in moltissimi cereali (tra cui ricordiamo frumento, orzo, farro, segale, Kamut…) ed è per questo ubiquitario nel panorama alimentare italiano.
Proprio per questa sua estrema diffusione è uno degli elementi più ripetuti e di cui è più facile abusare nella nostra dieta quotidiana, e a causa di ciò è spesso alla base di patologie infiammatorie intestinali.
Tra queste ricordiamo la celiachia, una condizione per cui l’esposizione della mucosa intestinale al glutine porta ad una reazione infiammatoria con degenerazione dei villi (le strutture proprie dell’intestino deputate all’assorbimento dei nutrienti). A causa di questa relazione causale del glutine con la degenerazione dei villi, ad oggi l’unica terapia efficace nei casi di celiachia è l’astensione dall’assunzione di questo alimento.
Va ricordato però che la celiachia colpisce meno di 1 persona su 100, mentre altre situazioni infiammatorie correlate al glutine sono molto più frequenti.
Tra queste altre condizioni ricordiamo la “gluten sensitivity” (o NCGS), che arriva ad interessare anche 1 persona su 4, oppure una più “semplice” infiammazione da cibo correlata al glutine. Queste altre patologie infiammatorie trovano nella sovraesposizione al glutine una causa, ma una eliminazione totale dalla dieta non è il miglior approccio per la loro risoluzione.
Purtroppo una mancata comprensione del fatto che non è il glutine “per sé” ad essere il problema, ma l’utilizzo ripetitivo che ne viene fatto, ha portato negli ultimi anni ad una crescita di popolarità delle diete senza glutine, percepite come più salutari anche quando alla base della scelta non vi è una diagnosi di celiachia (che, ad oggi, è l’unica ragione scientificamente provata per una dieta senza glutine).
Ma eliminare il glutine dalla propria dieta è davvero una scelta salutare? Uno studio pubblicato sul numero di Aprile 2017 del British Medical Journal, e ad oggi unico nel suo genere, ha valutato gli effetti a lungo termine di una dieta senza glutine (in soggetti non celiaci) sulla malattia coronarica.
Lo studio ha valutato oltre 100.000 persone, per ben 26 anni (totalizzando un totale di oltre 2.270.000 persone-anno). Durante questo periodo circa 6.500 soggetti hanno sviluppato una malattia coronarica, e su questi si è effettuata l’analisi alla ricerca di una correlazione.
Dopo i necessari aggiustamenti relativi ai fattori di rischio noti per questa patologia, si è andati a valutare l’associazione tra il consumo di glutine e l’incidenza di malattie coronariche: un minor consumo di glutine non si associa ad una diminuzione del rischio. Anzi, il gruppo con un maggior consumo di glutine risultava essere “protetto” maggiormente da queste patologie.
Per cercare una spiegazione i ricercatori hanno controllato, tra le variabili prese in esame, anche il consumo di cereali integrali, notando che nel gruppo che consumava le minori quantità di glutine, anche questi erano più carenti. Il rischio infatti è che alimenti percepiti come “salutari” perché “senza glutine”, siano in realtà pieni di cereali raffinati e grassi trans, e quindi assolutamente negativi per la salute.
I ricercatori concludono che “non bisognerebbe promuovere diete senza glutine in persone senza malattia celiaca”, sia in relazione alla mancanza di una protezione effettiva che in relazione all’associazione per cui le diete povere di glutine erano anche povere di cereali integrali.
Questo studio si aggiunge a molti altri, e dimostra come le diete di eliminazione (salvo casi specifici) non siano mai la soluzione ottimale e che il cibo è amico, quando usato nella maniera corretta.
Mantenere una buona variabilità alimentare consente di ridurre l’infiammazione e vivere a lungo, in salute.
Bibliografia essenziale
Lebwohl B, Cao Y, Zong G, Hu BF, Green PHR, Neugut AI et al., Long term gluten consumption in adults without celiac disease and risk of coronary heart disease: prospective cohort study. BMJ 2017;357:j1892