Dopo il COVID: quante malattie autoimmuni…

24 Novembre 2024
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Un gruppo di ricercatori tedeschi ha analizzato circa 650.000 persone precedentemente prive di autoimmunità che si sono ammalate di COVID pubblicando i risultati su Clinical Rheumatology.

A confronto con le persone che non si sono ammalate di COVID, il rischio di sviluppare nuove malattie autoimmuni è ben del 43% più elevato. Il tema è stato dibattuto anche su Healio in un interessante articolo divulgativo (in lingua inglese). 

Anche se tutte le diverse patologie autoimmuni si sono manifestate, oltre al diabete, le più rappresentate sono state:

  • Tiroidite di Hashimoto
  • Artrite reumatoide
  • Sindrome di Sjogren
  • Vasculiti

Su questo tema Eurosalus ha già anticipato in un articolo del 2020 la crescita delle malattie autoimmuni, tanto più elevata quanto più grave la malattia.

Fin dal 2020 si era capito che l’infezione da COVID apriva la strada alle malattie autoimmuni. Oggi lo sappiamo con certezza e con i numeri giusti, capendo anche cosa fare per ridurne il rischio.

Abbiamo visto che anche il COVID leggero è in grado di mantenere nel lungo termine il declino cognitivo con un altro articolo e questo testimonia che il SARS-CoV-2 è un virus davvero cattivello, tanto che anche le vaccinazioni anti COVID, che fanno sviluppare, come quasi tutte le vaccinazioni una “minimalattia”, avrebbero comunque, secondo un articolo di RMD Open, una loro frequenza di attivazione immunologica anche se infinitamente ridotta rispetto alla induzione dovuta alla malattia.

In considerazione del fatto che ammalarsi di COVID è fortemente legato alla glicazione e che la stessa glicazione è induttrice di molti degli effetti del Long COVID diventa utile attivare una corretta prevenzione della malattia e in caso di malattia mettere in moto tutte le possibili strategie nutrizionali per difendersi dalla attivazione autoimmune. 

C’è quindi un elemento comune che lega l’infezione da SARS-CoV-2 con la glicazione e che consente di agire in termini preventivi e in termini terapeutici su questa condizione attraverso scelte nutrizionali personalizzate. 

Per contrastare il Long COVID, ad esempio, usando la metformina (sostanza già nota per la sua azione sul metabolismo degli zuccheri) si riesce quasi a dimezzare l’incidenza di questo disagio.

Anche una ricerca pubblicata sulla prestigiosa rivista The Lancet ha chiarito che la metformina può essere di forte e documentato beneficio nel prevenire lo sviluppo del Long COVID proprio grazie alla sua azione sul metabolismo zuccherino.

La metformina non risolve certo l problema ma lo dimezza, obbligando una riflessione più allargata su come gli zuccheri possono creare danno nell’organismo. 

Pensando ad esempio alla stanchezza persistente (uno dei sintomi più tipici del Long COVID, il fatto che una sostanza glicante come il metilgliossale (misurabile con Glyco Test e Test PerMè) interferisca sui mitocondri inducendo una inibizione della produzione di ATP (l’energia con cui i muscoli possono funzionare) spiega perché la glicazione elevata possa determinare stanchezza, sintomo tipicamente presente nella maggior parte delle malattie autoimmuni. 

Zuccheri, stanchezza, autoimmunità, perdita di memoria, diabete e COVID sono quindi intimamente legati e la possibilità di controllare la glicazione può essere applicata in ambito clinico (come facciamo quotidianamente nel centro SMA in cui lavoro) per evitare di ammalarsi ma soprattutto per controllare la trasformazione del COVID in Long COVID o per guarirne prima.

Il supporto di integratori come Inositox, Glucontrol base e Ribilla, insieme alle scelte nutrizionali personalizzate, può esssere ancora più efficace del semplice uso della metformina, rispettando le caratteristiche individuali della persona malata consentendo anche l’uso di dolci e zuccheri nel modo che ogni persona può sopportare senza danno.